Milano, 19 luglio 2011- La Procura di Milano sta valutando l'ipotesi di avanzare un'istanza di fallimento nei confronti del San Raffaele. La notizia arriva da fonti vicine al dossier. Questa eventualità, è stato precisato, si potrebbe concretizzare qualora non venisse presentato in tempi ragionevoli un piano di salvataggio per il gruppo ospedaliero su cui grava quasi un miliardo di debiti.

Secondo quanto precisato, la Procura di Milano, in seguito all'apertura dell'indagine relativa alla morte di Mario Cal, e' legittimata a tutti gli effetti a valutare la richiesta del fallimento ai sensi dell'articolo 7 della legge fallimentare. Questa disposizione prevede infatti che l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento compete al Pubblico ministero quando l'insolvenza, in questo caso della Fondazione Monte Tabor San Raffaele, ''risulta nel corso di un procedimento penale''. La questione è quindi al vaglio del Pm Luigi Orsi e della collega Laura Pedio che da tempo avevano acceso un faro sul gruppo ospedaliero. Proprio ieri i due magistrati avevano acquisito documentazione cartacea e informatica, anche nell'abitazione di Cal, relativa ai conti della società.

 

"DON VERZE' MOLTO PROVATO" - Ha perso il suo braccio destro, un “amico fraterno”, il collaboratore fidato che lo ha affiancato per 35 anni. Don Luigi Verzè “è provatissimo dalla tragica morte di Mario Cal”, vicepresidente dimissionario dell’Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano che si è tolto la vita lunedì con un colpo di pistola alla tempia. A riferirlo sono i suoi collaboratori.

Momenti difficili per il sacerdote manager che prima ha assistito impotente alla tempesta che ha travolto la sua creatura, il San Raffaele, oberato da debiti per quasi un miliardo di euro e stritolato dai decreti ingiuntivi dei fornitori non pagati. E poi ha visto insediarsi un nuovo Cda (in cui siedono 4 membri designati dalla Santa Sede). Fino alla scelta dolorosa del ‘passaggio di consegne’, con la delega al nuovo vicepresidente Giuseppe Profiti e al Consiglio di tutti i poteri.

Ma tutto questo è nulla a confronto con il suicidio di Cal, che si è consumato nel suo ufficio al sesto piano dell’Irccs di via Olgettina. I timori dei collaboratori sono anche per eventuali effetti negativi sulla salute del sacerdote, che ha ormai 91 anni. La notizia del suicidio di Cal gli è stata data ieri pomeriggio. “Piano piano, con le dovute cautele” e’ stato informato di quanto accaduto all’ombra dell’angelo Raffaele. “Da allora - racconta chi lavora al suo fianco - si è trincerato nel silenzio”.

 

LA PISTOLA SPOSTATA - E' stato identificato l'uomo che, assolutamente in buonafede da quanto emerge dalle indiscrezioni, ha spostato la pistola con la quale Mario Cal, il braccio destro di don Verzè al San Raffaele, si è ucciso nella mattinata di lunedì. "Ho allontanato la pistola per rianimare Cal". Questa la spiegazione di V.A.C., addetto alla sicurezza dell'ospedale, davanti agli inquirenti: "Gli dovevo tantissimo perchè è stato lui ad assumermi. Tenevo più a lui che a mio padre". Quando lo ha rtrovato l'uomo era ancora vivo, così l'addetto gli ha "strappato la camicia" per praticargli un massaggio cardiaco.

Inoltre ha deciso di metterla in un sacchetto per paura di un nuovo sparo e per evitare che altri potessero toccarla, inquinando le prove. "Era amareggiato dagli attacchi sui giornali nei suoi confronti, che lo dipingevano come il vero responsabile del dissesto. Io cercavo di scuoterlo e lui rispondeva che per certi attacchi non si può fare nulla". L'addetto alla sicurezza, davanti al pm Maurizio Ascione, ha cercato di trovare una spiegazione razionale al gesto disperato dell'ex vicepresidente del San Raffaele. "Non sembrava dimesso o con un atteggiamento perdente. Anzi, mostrava fiducia nel rilancio del gruppo".

Emerge anche un primo disaccordo con don Verzè su come muoversi nella crisi economica dell'ospedale - un buco di un miliardo di euro -: "Cal ha detto che lui avrebbe preferito chiedere sostegno a Giuseppe Rotelli, mentre don Verzé preferiva il Vaticano. Del resto l’ipotesi Rotelli non era ben vista dal personale medico, perché si temevano tagli".