Milano, 29 aprile 2011 - Primo giro d’orizzonte per il piano di ristrutturazione dell’Ospedale San Raffaele, oberato da un buco che sfiora i 900 milioni. Il consiglio di amministrazione della Fondazione guidata da Don Luigi Verzè, infatti, prende visione oggi del primo capitolo del dossier di salvataggio messo a punto da Carlo Salvadori in collaborazione con la società di consulenza Bain. Si tratta del piano industriale, cioè del censimento dei beni immobili e delle attività da cedere o dismettere perché non coerenti con il nuovo assetto, focalizzato su ricerca e cura. Nel prossime riunioni, a breve, il cda esaminerà gli altri due aspetti: il riassetto societario, messo a punto con la consulenza dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo, e il riassetto finanziario sul quale sta lavorando, con Salvadori, lo studio Borghesi Colombo & associati.

 

Furono questi ultimi, su incarico della Fondazione, a stilare un primo rapporto sullo stato di salute del San Raffaele quando già, all’inizio di marzo, era evidente il dissesto. Un rapporto «riservato e confidenziale» che però è inspiegabilmente finito su Internet svelando tutta la criticità della situazione, soprattutto per quel che riguarda l’esposizione verso i fornitori. Già quel documento elencava un primo pacchetto di beni da dismettere e una serie di possibili azioni per mettere in carreggiata l’attività scientifica e medica dell’ospedale. Si vedrà oggi, dopo le decisioni della Fondazione, se i suggerimenti sono stati accolti dal super consulente Carlo Salvadori. Fonti interne fanno sapere che quella «era solo una prima bozza» e il piano industriale «sarà molto diverso».

Il nodo principale riguarda i costi industriali del «Nuovo San Raffaele», cioè della società per azioni che nascerà dalle ceneri dell’attuale struttura. Don Verzè ha rassicurato gli oltre 4mila dipendenti che non ci saranno tagli di organico tra gli assunti a tempo indeterminato e che resteranno intatte la capacità di cura (mille posti letto e 53 mila pazienti curati l’anno scorso), la ricerca d’eccellenza, e l’attività didattica dell’università Vita e Salute. Tutto questo confluirà in una Spa controllata con «almeno il 51%» dalla Fondazione San Raffaele, ma aperta ad altri soci esterni.

 

Un nucleo iniziale potrebbe comprendere investitori tradizionalmente vicini a Don Verzè, come lo stesso Berlusconi, il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio, il fondatore di Mediolanum Ennio Doris. Ma l’obiettivo è coinvolgere nell’azionariato grandi investitori istituzionali e fondi specializzati in investimenti «etici». Si esclude invece l’ingresso di soci «industriali», vale a dire altri operatori del settore sanitario come i vari Rocca e Rotelli, che snaturerebbero l’identità della creatura di Don Verzè.

Sostenibilità industriale di lungo termine e ricapitalizzazione con la nuova struttura societaria saranno le premesse per la terza gamba, cioè il piano finanziario che dovrebbe rispondere alle attese dei creditori. Da una parte le banche, dall’altra, soprattutto, centinaia di fornitori che aspettano da molti mesi il saldo dei loro crediti.