Milano, 16 marzo 2011 - Dalle discoteche alle società che organizzano gli eventi della notte fino ai chioschi di panini su quattro ruote: i tentacoli della ’ndrangheta sui grandi e piccoli affari della movida milanese. È questo il quadro che emerge dall’ordinanza del gip Giuseppe Gennari che ha portato in carcere 35 presunti ’ndranghetisti nell’ambito dell’operazione «Redux» coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Milano.

Alle discoteche si chiedeva il pizzo e di pagare per un servizio di sicurezza, di bodyguard, imposto dagli stessi boss. Il pizzo e il serrvizio d’ordine venivano imposti anche alle società di organizzazione eventi. Solo il pizzo nel caso degli autonegozi, con la minaccia di mandare in fiamme i mezzi o di piazzare nella stessa zona un altro autonegozio che rubasse incassi a quelli che, finiti sotto il tiro della ’ndrangheta, indugiavano nel pagare. Dal De Sade al Babylon fino al Pulp. Ad occuparsi del business della movida erano, si legge nell’ordinanza del gip, Emanuele e Davide Flachi, figli del boss Giuseppe, detto «Pepè». Con la collaborazione di Giuseppe Amato, Cesare Colombo e Biagio La Rocca, tutti finiti in carcere.

 «Mi deve dare tutti i soldi di stasera, sennò mi paga pure San Siro da oggi in avanti...», eccolo il linguaggio dei boss. Così imponevano 500 euro di pizzo a serata, oltre a 2 mila euro al mese per la protezione, ad un autonegozio in servizio davanti allo stadio. Dal gestore della discoteca Pulp, nel 2008, Flachi e i suoi pretendevano, nell’aprile 2008, 990 euro per il servizio di sicurezza dentro e fuori il locale, servizio, come detto, imposto dal gruppo, oltre a una tassa di 3 mila euro sui proventi della serata. «Sennò mando lì Cesare (Colombo) a fare macelli». Infine, dall’agenzia «After hour», specializzata nell’organizzare eventi nelle discoteche, il gruppo chiedeva, a fine 2007, 450 euro per il servizio di sicurezza anche nelle serate in cui i buttafuori scelti dai boss quel servizio non lo prestavano. O così o a Milano non si lavorava.