Milano, 16 novembre 2010 - Maxi operazione antidroga della Squadra Mobile di Milano, che sta eseguendo oltre cento ordinanze di custodia cautelare in carcere, con oltre 300 agenti impegnati.

 

DUE RETI CRIMINALI - I provvedimenti restrittivi consentono di disarticolare due reti criminali: una composta da diversi sodalizi operanti tra il Milanese e altre province del Nord Italia, quali Como, Varese, Torino, Biella, Genova; l’altra, di carattere transnazionale, composta per lo più da cittadini serbi, montenegrini e sloveni, i cui vertici, localizzati in Serbia ed in Slovenia, secondo le indagini hanno favorito, avvalendosi di cellule operative in Italia, in altri Paesi Europei ed in alcuni Stati del Sud America, l’approvvigionamento ed il successivo smercio, tra il 2007 ed il 2009, di ingenti quantitativi di cocaina.

 

LE INDAGINI - L’operazione della Squadra Mobile di Milano è il coronamento di una cooperazione internazionale, durata oltre due anni, realizzata sia sul piano giudiziario - con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano e l`intervento della Direzione Nazionale Antimafia - sia a livello operativo - con il coordinamento attuato dall`Interpol, dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato.

L’operazione è stata condotta dalla Squadra Mobile di Milano e si avvale, secondo quanto riferito dagli investigatori, di un’efficace cooperazione internazionale, durata oltre due anni, realizzata sia sul piano giudiziario con il coordinamento della Direzione distrettuale Antimafia di Milano e l’intervento della Direzione nazionale antimafia, sia a livello operativo con il coordinamento attuato dall’ Interpol, dalla Direzione centrale per i Servizi antidroga e dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato. In particolare, le indagini sulla banda serbo-montenegrina sono state svolte in collaborazione con le polizie di Belgrado e di Lubiana.

 

LA MAFIA BALCANICA - Il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, illustrando la vasta operazione antidroga, ha detto: “Pensavamo che la piazza di Milano venisse rifornita di cocaina esclusivamente dalla ‘ndrangheta grazie al rapporto diretto che storicamente i clan hanno con i produttori in Sud America, ma con questa operazione, dal 2007, abbiamo capito che c’era un’altra organizzazione, con la stessa forza, potenza economica e capacità di esclusiva sui canali di approvviggionamento, evidentemente diversi da quelli dei calabresi, e con una continuità forse, anche, maggiore”. E ha proseguito: “Questo non vuol dire che la ‘ndrangheta non continui a trafficare in stupefacenti” , spiegando che in questa indagine, tra i clan calabresi e le cellule slave “non sono emersi contatti stabili” e che Milano “è una piazza molto grande e libera in grado di assorbire senza particolari problemi anche nuovi soggetti” e per questo “fino ad oggi non è stata teatro di scontro”, ma certamente gli slavi, introducendo “un nuovo canale di approvviggionamento, parallelo a quello delle famiglie calabresi, hanno portato un’importante concorrenza”. 

 

GLI INDAGATI - Ci sono anche il superboss latitante Saric “Sara” Darko e, per la prima volta, suo fratello Dusko, tra gli oltre cento indagati nella maxioperazione antidroga. In una delle due ordinanze scritte dal Gip Nicola Clivio, l’imprenditore 38enne ricercato dai governi di mezzo mondo è accusato di essere il "promotore, organizzatore e finanziatore delle attività finalizzate ai traffici internazionali di stupefacente". “Sara” è considerato dagli esperti europei e statunitensi dell’antidroga come il capo di una delle principali organizzazioni criminali dei Balcani e su di lui pende un mandato di arresto internazionale dell’Interpol. Secondo diversi servizi segreti, l’uomo vivrebbe attualmente in Montenegro da dove continuerebbe a condurre i suoi traffici, tra cui quello ingentissimo di cocaina, reinvestendo centinaia di milioni di euro in complessi immobiliari, nell’acquisto di aziende e in diverse banche, alcune delle quali al centro di indagini sul riciclaggio internazionale. Secondo i magistrati antimafia e la polizia di Milano ci sarebbe lui dietro le cellule di trafficanti serbo-montenegrini che per un paio d’anni hanno fatto affari d’oro con storici malavitosi meneghini e con i referenti di due clan dell’’ndrangheta attivi nel capoluogo lombardo (i Salvaggio per i platioti Barbaro-Papalia e i Desiderato per i vibonesi Mancuso) ai quali vendeva carichi che non scendevano sotto i 200 chili per volta.