Paderno Dugnano, 8 novembre 2010 - Gli stessi capelli sempre tirati all’indietro. Composti. La giacca a vento scura che l’avvolge tutta. Negli occhi segnati, la forza e la determinazione che non l’hanno abbandonata un istante. Neppure ieri. Una giornata di telefonate, di attesa: Antonella questo matrimonio lo vuole fare. E combatterà per farlo. Ha mobilitato tutti. Il sindaco, l’avvocato - un signor avvocato, Giuliano Pisapia - i medici, i parenti. Perché lei e Salvatore hanno una figlia di 9 anni. Perché le loro nozze erano già fissate: il 20 novembre. Perché lui voleva diventare suo marito. E non si sa per quanto tempo ancora riuscirà a combattere contro le ustioni che gli stanno divorando il corpo. Giorno dopo giorno. È la loro personale battaglia. Di Antonella e di Salvatore. Forse l’ultima. Salvatore Catalano, 57 anni, da 15 meccanico alla Eureco di via Mazzini, è il più grave tra i feriti dell’inferno di Paderno Dugnano.

 

Il bollettino medico, ieri, era drammatico: le condizioni non migliorano. Le possibilità di farcela sono ancora minori. Ancora minori vuol dire quasi nulle. Sabato, dal suo letto della rianimazione all’ospedale Niguarda, avrebbe dovuto sposare la compagna Antonella Riunno. Ma il matrimonio, alla fine, non si è celebrato: la legge impedisce che un uomo in coma farmacologico, incapace di intendere e di volere, possa sposarsi. Antonella: più giovane di quasi vent’anni, portiera della ditta di via Mazzini. Per lei Salvatore aveva lasciato la prima moglie, con due figli ancora a scuola, e la sua prima casa a Limbiate, dove faceva l’operaio, dove era andato ad abitare che era un ragazzino, neppure maggiorenne. Era fuggito da Palermo per trovare un lavoro, una vita migliore. Come i cinque operai albanesi inghiottiti nell’inferno della Eureco Holding e che combattono contro la morte, pure loro.

Nel corridoio troppo stretto del reparto grandi ustionati, è arrivata anche la prima famiglia di Salvatore, i suoi due figli che vivono ancora a Limbiate: Sisto e Rita. Una prima famiglia che questo matrimonio, alla fine, non lo vorrebbe. Non così. «Non nelle condizioni in cui si trova papà». E che forse si rivolgerà a un avvocato. Ma Antonella sembra non curarsene. Non si è allontanata un minuto dal letto del suo uomo. In questi quattro giorni di angoscia gli è rimasta accanto con una sorprendente fermezza, con quel suo volto segnato di madre e di moglie - «perché è come se lo fossi» - che non si rassegna. «Questo matrimonio si deve fare». Tante telefonate, ieri, con il sindaco di Paderno che doveva celebrare le nozze. L’ha rassicurata: «Non preoccuparti Antonella, ci riusciremo». Ma Salvatore deve risvegliarsi dal coma. Antonella non demorde. Arriva prestissimo la mattina. La sera tardi è ancora lì. Ogni giorno. «Signor sindaco, mi voglio sposare. Mi aiuti». Salvatore deve resistere.