Milano, 18 agosto 2010 - C'è gente che dorme abitualmente con i tappi alle orecchie. Altri che si sono montati una telecamera amatoriale in negozio per scoraggiare eventuali malintenzionati. Sono le voci di corso Lodi, la prima parte di corso Lodi, quella che da oggi sarà sottoposta alla stretta sulla sicurezza. Orari ridotti per gli esercizi commerciali, giro di vite sugli affitti. Come si fa ormai da quattro mesi in via Padova, da tre a Chinatown e da due settimane da piazzale Corvetto a via Brenta. È quasi unanime il consenso dei residenti. Certo, con qualche distinguo. «Ho scritto una mail alla Moratti un anno fa - assicura la signora Gabriella - ma non ho mai ricevuto risposta. Eppure, i problemi sono gli stessi di allora». Altri sospettano che i provvedimenti firmati il giorno di Ferragosto dal sindaco siano legati alle elezioni comunali del prossimo anno.

 

In ogni caso, però, nel quartiere tutti chiedevano da tempo un segnale. «Abito qui da più di cinquant’anni - attacca Carla Zanoni -. Ormai ci sono solo extracomunitari: non ci si può nemmeno sedere sulle panchine, perché loro sporcano tutto». Le fa eco Ornella Prandoni: «A mezzanotte la gente perbene è già a casa, quindi ben vengano i nuovi orari». Sotto accusa i bar dei sudamericani, che vanno avanti fino alle due del mattino. Molti ne fanno addirittura una questione etnica e puntano il dito contro peruviani ed ecuadoregni: «Sono sempre ubriachi e si picchiano quasi ogni notte».

Lungo la strada c’è una kebaberia ogni dieci metri: sono gli unici negozi aperti, in mezzo alle insegne spente dei locali italiani, chiusi per ferie fino all’inizio della prossima settimana. Al loro ritorno, troveranno i nuovi orari. Per ora, a fare le spese della stretta saranno turchi e cinesi: «Se vogliono venire qui facciano pure - chiarisce Orhan Gozudok -. Una cosa è certa: io non pagherò multe, perché nessuno mi ha avvisato». Sarebbero 450 euro di sanzione in caso di mancato rispetto della normativa, «ma noi guadagniamo soprattutto dopo la mezzanotte, quando arrivano i ragazzi che vanno in discoteca».

 

Poco lontano c’è un’altra kebaberia, quella in cui lavora Halil Altun: «Sono qui da sei mesi e non mi sembra che la situazione sia così grave. Andate in via Padova, io ci ho lavorato cinque anni fa, e sono scappato dopo qualche giorno». Non la pensano così le sciure riunite dalla fiorista Maddalena Faraldi. Per loro, «non si poteva andare avanti così». Vivono da anni in corso Lodi o nelle strade limitrofe: «Siamo d’accordo con le ordinanze, ma servono anche i controlli: basta venire qui la sera per vedere lo schifo che c’è».

Una vecchietta assicura: «Qualche sera fa ho provato a chiamare la polizia. Bene, sa cosa mi hanno risposto? “Se non c’è sangue non veniamo”». Vero o no, di storie così ne girano parecchie in zona. I residenti pretendono più sicurezza. Certo, poi c’è da capire se una strada “spenta” sia più o meno pericolosa di una piena di locali aperti. Al Black Roses bar si sono adeguati in anticipo: «Abbiamo sentito in tv di piazzale Corvetto e abbiamo pensato che riguardasse anche noi».