Milano, 18 luglio 2010 - Ennio Doris, fondatore di Banca Mediolanum, è diventato in trent’anni uno degli uomini più ricchi d’Italia. Veneto di nascita, ha fatto di Milano la sua seconda patria. Continua a considerarla la metropoli dell’eccellenza e pensa che Expo sarà l’occasione per dimistrarlo. Ma soprattutto, è uomo dall’incrollabile fiducia nel futuro.

 

Presidente, lei ha sempre professato ottimismo, anche quando mancavano segnali concreti di ripresa economica. Oggi qualcosa si vede. Siamo alla vigilia di un nuovo boom?
«È vero che ho sempre professato ottimismo, ma non in mancanza di segni concreti di ripresa, in quanto i potenziali segnali che io ho definito “anticorpi” erano ben chiari a me e soprattutto alle istituzioni che hanno avuto a che fare con il problema. Oggi riteniamo di essere alla vigilia di un periodo di crescita che potrà durare per molti anni e questo è sotto gli occhi di tutti».

La crisi è partita dal mondo della finanza. Il suo mondo. Che lezione ne ha ricavato?
«Bisogna sempre restare con i piedi per terra ed essere in grado di muoversi autonomamente con le proprie forze. Inoltre bisogna utilizzare la crisi come momento di ottimizzazione per predisporre basi molto solide per il futuro. Comunque questa crisi ha decretato, così sembra e spero sia così, la fine di una finanza allegra basata su leve improbabili e improponibili».

Perché ha scelto di fare il banchiere e non l’industriale metalmeccanico, dove aveva cominciato?
«Sono arrivato a fare il banchiere dopo una lunga carriera professionale da consulente finanziario. Ho iniziato in banca e sono passato poi, come lei cita, a fare il direttore generale di un’azienda metalmeccanica. Ma ero pur sempre un dipendente. Seguivo il sogno di una carriera imprenditoriale dove fossi io a controllare la mia vita, ma non avevo i capitali nè le competenze per iniziare alcuna attività. Quando mi fu proposto da un caro amico di iniziare la carriera del consulente finanziario che aveva le caratteristiche dell’imprenditorialità e contestualmente non necessitava di capitali per iniziare l’attività ma solo di una grande volontà e voglia di fare, mi buttai a pesce».

Lei è nato a Tombolo, dove torna ogni week end. Meglio Tombolo o Milano?
«Milano è il lavoro, Tombolo il relax, gli affetti, gli amici, le radici. Comunque Milano è una bella città».

Cosa trova di così irresistibile nella sua Tombolo?
«Amo gli amici, i luoghi, i colori, i profumi e soprattutto la parlata. Perfino il clima, torrido d’estate e gelido d’inverno».

Per qualcuno Milano sta vivendo un nuovo rinascimento, per altri è in declino. Il suo giudizio?
«Milano come tutte le grandi, grandissime metropoli è in continua evoluzione e questa evoluzione presenta a chi guarda da vicino continue criticità. Se ci alziamo e guardiamo a volo d’aquila avremo ben chiaro che Milano si sta muovendo verso vette di eccellenza che da sempre l’hanno caratterizzata nella storia».

Ma nella vicenda Expo non ha fatto una bellissima figura...
«Non sono d’accordo. L’Expo è un’impresa ciclopica e come tale necessita di una messa a punto e rodaggio iniziale proprio perché alla fine il risultato sia garantito. E vedrete che i risultati saranno eccellenti».

Lei è amico e socio del premier Berlusconi. Lo sente spesso?
«Purtroppo non lo sento quasi mai. Un paio di volte all’anno per ricorrenze classiche come le feste di compleanno. E da anni non gli chiedo consigli e onestamente devo dire che la mancanza di un partner capace come lui la sento, ma d’altronde ha fatto scelte che non gli consentono di continuare l’attività imprenditoriale. E come non dà consigli a me, così io non ne do a lui».

Oggi, per esempio, gli suggerirebbe qualcosa in politica, in economia, nei rapporti con qualche alleato ribelle?
«Come ho detto, non do consigli. Per mia natura comunque sono un mediatore che cerca di risolvere i problemi senza prendere di petto le decisioni».

E’ vero che il figlio del premier assumerà incarichi di rilievo in Mediolanum?
«Lo spero. Luigi è bravo ragazzo, molto attento e intelligente, con tantissima voglia di apprendere. E’ nel Consiglio della Holding da quando ha compiuto 18 anni e sicuramente, nel momento in cui lo deciderà, avrà il suo spazio nel Gruppo Mediolanum».

Anche lei ha due figli, entrambi in azienda. Alla pari con gli altri manager?
«Massimo ha fatto tutta la gavetta, infatti conosce tutti i meccanismi dell’azienda meglio di me che l’ho creata, per quasi 20 anni e nel momento in cui ho ritenuto che fosse pronto è diventato amministratore delegato e direttore generale della Banca nonché vice presidente del Gruppo. Oggi è il capo di tutta l’azienda quindi anche degli altri manager; ma il posto se l’è dovuto meritare. Mia figlia Sara, con 5 figli, si è potuta dedicare meno all’operatività ma ha comunque un incarico molto importante avendo la responsabilità di tutti gli asset non tangibili dell’azienda e soprattutto della Fondazione Mediolanum che opera nel sociale e in particolare oggi con iniziative a favore dei bambini di Haiti».

Italiani. Il peggio o il meglio del mondo?
«Il meglio, senza ombra di dubbio».

In partenza per le vacanze. Dove e con chi?
«In Sardegna o a Cortina con moglie, figli e nipoti».

Se fosse un lavoratore dipendente sarebbe già in pensione da anni. Pensa mai a ritirarsi? Per fare cosa e lasciando l’azienda a chi?
«Non penso di ritirarmi. La mia azienda è solo agli inizi e abbiamo grandi ambizioni di crescita. Se mi ritirassi sentirei troppo la mancanza di questo tipo di lavoro. Posso pensare di rallentare un po’ e in questo mio figlio mi dà una grande mano, togliendomi l’incombenza del quotidiano lasciando a me solo l’onore delle strategie».

Un milione al giorno da spendere. Lei può. Cosa fa?
«Non sono uno spendaccione. Non butto via il denaro, anzi gli do il giusto valore. Mi ritengo un fortunato che partendo da umili origini ha messo insieme un patrimonio enorme e proprio per questo ritengo di non avere il diritto da una parte di esternarlo con comportamenti superficiali, dall’altra di buttarlo al vento. L’unico vezzo che ho è quello di tenere sempre in tasca un bel po’ di denaro contante».

Lei amministra i risparmi di migliaia di italiani. I suoi come li investe?
«Esattamente allo stesso modo di quelli dei miei clienti. Tanto che il contratto numero uno di ogni prodotto di Banca Mediolanum è sempre il mio».

E a noi cosa consiglia?
«Innanzitutto un’attenta analisi dei propri bisogni e delle proprie necessità future per poter impegnare il denaro in maniera temporalmente razionale, poi una diversificazione la più ampia possibile per suddividere il rischio e le potenzialità di crescita nella maniera più tranquilla possibile. Ma il vero consiglio è quello di non utilizzare il fai da te ma di rivolgersi ad un ‘family banker’ che è in grado di supportare il cliente garantendogli, dopo un’attenta analisi, le scelte più adatte alle proprie esigenze».

Lei dà lavoro a più di 6500 persone. Com’è il suo dipendente modello?
«Sono più di 6.500, sono oltre 8.000 incluso l’estero. E bisogna distinguere tra i ’family banker’, promotori finanziari, che sono agenti professionisti a provvigione e i dipendenti veri e propri, che sono la colonna vertebrale della Banca. Quindi due profili ben diversi. Ai primi chiedo onestà, capacità, ambizione, voglia di fare e spirito imprenditoriale; ai secondi idee, onestà, fedeltà e competenza».

Ha raccontato della sua Fiat 850 e della sua passione per la Citroen Pallas. Oggi che auto ama guidare?
«Guido pochissimo. E quelle poche volte che lo faccio mi diverto con una Maserati 4 porte».

Ci racconti come immagina il mondo in cui vivranno i suoi sei nipotini...
«Sette, grazie. Perché da poco è arrivato Davide. Sicuramente sarà un mondo in cui la tecnologia sarà totalmente integrata alla vita quotidiana. Usare il computer sarà la normalità e probabilmente si vivrà in salute fino a 120 anni. In questo scenario, grazie alle continue enormi innovazioni della scienza, ritengo che il livello di vita medio sarà ben più alto di quello odierno soprattutto per i Paesi del Terzo Mondo, già da oggi non più tali. Se riusciremo a proteggere la natura con la stessa capacità con la quale stiamo avanzando con i progressi tecnologici, sarà sicuramente un mondo migliore».

Una domanda che farebbe a Berlusconi, e una che farebbe a Bersani?
«A Berlusconi, pur sapendo la risposta, direi: “Ma chi te lo fa fare?” E a Bersani, sapendo che ha un avversario come Berlusconi, direi: “Ma chi te lo fa fare?”».

E una che farebbe a Ennio Doris, se fosse nei nostri panni?
«Ma chi te lo fa fare?».