Milano, 20 maggio 2010 - L'ordinanza con orari più stretti per gli esercizi (e più stretti controlli sugli appartamenti) che entra in vigore lunedì nel quartiere Sarpi è riuscita a mettere tutti d’accordo: contro il Comune. Commercianti cinesi, residenti italiani, esercenti milanesi che da anni s’accapigliano sul tema grossisti-carrellini-Ztl, per il coprifuoco sul modello di via Padova hanno una voce sola: «Cosa c’entriamo? Questo è il quartiere più sicuro di Milano».

Anche in via Sarpi nessuno è passato ad avvisare, ma diversamente da via Padova gli stranieri non sono impreparati: italiani e cinesi qui leggono il giornale, e delle nuove regole hanno scritto anche i periodici in mandarino. Due passi e c’è la gelateria di Enrico Corba, che assicura: «Continuerò a fare come voglio. Una roba del genere non esiste: io lavoro per le famiglie. Lo schifo non è qua: vadano a farsi un giro in corso Como la domenica mattina. Ma lì si divertono i signori». Invece, «si mostrano i muscoli con i deboli. È un’ordinanza razzista», chiosa il gelataio precisando che «parla uno che vota dalla loro stessa parte».

Cai Ling lavora per un parricchiere e non sapeva nulla; Paolo Hu, il suo titolare, sì, «dal giornale cinese», e pensa anche lui che «non va bene. È razzismo». «Milano non è un collegio di orsoline, è una città multietnica!», tuona una milanesissima cliente bionda in attesa del suo turno. Abita in Sarpi, «che è il quartiere dei cinesi da sessant’anni. Qui non ci sono assassini». «Problemi di ordine pubblico non ne abbiamo di certo - concorda Antonella Quaini nel suo bar, che dell’ordinanza non si preoccupa («chiudo alle 19.30») -. Basterebbe far rispettare gli orari di carico e scarico».

Gao Jie gestisce un ristorante-take away e non riesce a capire perché non possa vendere bottiglie dopo le 8 di sera: bisogna spiegarglielo, che eventualmente possono essere spezzate e usate come armi. «Ma gli orari nuovi valgono per tutta Milano?», s’informa. No, solo qui. «E allora non va bene. Se vale, vale per tutti». Wang Xiao Ling, nel suo centro massaggi, coglie immediatamente il punto: «Io chiudo alle otto, e poi a cinque minuti a piedi la concorrenza va avanti tutta la notte». Fa qualche rapido calcolo e s’infiamma: «E adesso come lo pago l’affitto, la mia bambina come la mantengo? I cinesi non li vedete a borseggiare la gente, ai semafori a chiedere l’elemosina. Pago le tasse e voglio lavorare».