Milano, 21 ottobre 2009 - Non un colletto bianco, ma un tailleur indossato con eleganza. Non un insospettabile, ma una donna tanto e così insospettabile, che neppure chi lavorava alla sua stessa causa ne sapeva nulla, di lei. Ed individuata viene per caso, perché i tanti movimenti di denaro, che la riguardano tra Monaco e la Svizzera, hanno un destinatario non identificato, e ciò non piace, neppure agli svizzeri.

 

Così Rosanna Gariboldi, 63 anni, assessore al personale per il Popolo della libertà alla Provincia di Pavia e moglie del deputato e vicecoordinatore nazionale del Pdl Giancarlo Abelli, così la signora va in carcere, ieri, per riciclaggio: condotta dagli uomini e da un’indagine della Guardia di finanza di Milano. Agente di smistamento denaro in paradisi off-shore - stando alle carte d’accusa dei sostituti Laura Pedio e Gaetano Ruta - cioè di tre milioni e mezzo provento di reato e accumulati da un imprenditore dello stoccaggio e smaltimento rifiuti, di nome Giuseppe Grossi.

 

E vanta, la signora Gariboldi, col manager dell’ecologico, un rapporto così stretto, che suo marito, il parlamentare (non indagato), può usufruire di una Porsche 911 Coupè, dell’aereo personale del manager per gli spostamenti Milano-Roma, di un appartamento a Milano in viale Tunisia, per i quali non risultano compensi. Mentre nel conto di lei restano attaccati un milione e 200mila euro.

 

Non è sola la signora Gariboldi-Abelli a entrare in carcere. Ci va col suo ispiratore Grossi (62 anni) della società Green Holding e con altri tre collaboratori del manager (Paolo Titta, Cesarina Ferruzzi e Maria Ruggiero): questi ultimi accusati di associazione per delinquere finalizzata a frode fiscale, appropriazione indebita, truffa, riciclaggio e corruzione di pubblici ufficiali. Ché anche la corruzione compare come pista d’indagine, se si parla di sei milioni di euro in orologi fatti acquistare da Grossi in una gioielleria a Milano. E poi ci sono due, fermati per riciclaggio su un conto della Barclays Bank di Londra: Vincenzo Agosta e Matteo Terragni.

 

E' una storia di oltre 22 milioni — a tanto l’ultimo conteggio — frodati e sottratti per la costituzione di fondi neri veicolati in Svizzera, Liechtenstein, Lussemburgo e Madeira. Ed è la storia del villaggio residenziale, il satellite modello Santa Giulia, dell’immobiliarista Luigi Zunino. Nato sull’ex area Montedison, per divenire abitabile bisognava bonificarne l’area: a farsene carico la capofila Green Holding da cui discendono con diversi compiti apparenti una manciata di altre società, fino a giungere a quelle con operatività nulla, se non quella di intascare la differenza tra i costi di smaltimento a tonnellata apparenti e reali.

 

E se personaggio chiave del riciclaggio è un avvocato finito in carcere nel febbraio scorso per il rifiuto stoccato e ipervalutato, lo svizzero Fabrizio Pessina, cui si affiancarono due ex della Guardia di finanza, militari infedeli imprestati al riciclaggio, proprio ai tre si deve la ricomposizione di un quadro quasi definitivo. Dove l’immobiliarista Zunino, fondatore di Risanamento, proprietario di quel milione e 200mila metri quadrati di area, compare indagato per appropriazione indebita di almeno un milione di euro, sottratti dalle società del suo già sofferente gruppo e fatti confluire su un suo conto svizzero.

 

Dove madame Gariboldi — cosiddetta da Pessina — assume un ruolo chiave nell’occultamento e dispersione di denaro illecito attraverso il conto nella banca J.Safra di Montecarlo e, forse, un conto al Credit Suisse di Lugano. Così che il giudice delle indagini preliminari Fabrizio d’Arcangelo che firma 140 pagine di misura cautelare ha sottolineato "la sistematicità con la quale la Gariboldi, attraverso il conto Associati (di Monaco, ndr), ha ricevuto e trasferito denaro di provenienza illecita di Grossi e delle persone a lui vicine con una condotta delittuosa che si è perpetuata per ben sette anni, dal 2001 al 2008".