Milano, benvenuti al 'Rab': il bar dove il lavoro non ha confini

Aperto lo scorso novembre in corso San Gottardo, il locale ha come dipendenti anche disabili e normodotati. “Ma non siamo solo una vetrina della solidarietà”

'Spazio Rab' in corso San Gottardo

'Spazio Rab' in corso San Gottardo

Milano, 25 gennaio 2017 -  “Questo non è un bar”, leggi prima di entrare nello ‘Spazio Rab’, in Corso San Gottardo. Eppure, in apparenza tutto sembra normale: un gruppo di ragazzi al bancone, clienti che conversano durante l’aperitivo, bambini che giocano in una porzione del locale, spazi di coworking, scaffali ricolmi di libri. E allora che sarà mai, ti chiedi.

Per cercare la risposta è necessario andare oltre la superficie e, se possibile, annusare un po’ meglio l’atmosfera. Perché dietro l’etichetta di caffè letterario che Rab ha scelto di darsi si nasconde un’idea di società basata su alcuni punti fermi: un’economia di tipo solidale, la riappropriazione di uno spazio di socializzazione, il diritto universale al lavoro. Che qui riguarda tutti, al di là di qualsiasi barriera e pregiudizio. Tanto da prevedere sei dipendenti e tre tirocinanti, alcuni dei quali disabili e normodotati, perfettamente inseriti in un melting pot di esperienze che marciano in un’unica direzione: la qualità.

Ma guai a immaginare Rab come una grande vetrina creata ad arte per stimolare un po’ di solidarietà nei clienti: “Vogliamo che chi viene qui apprezzi ciò che noi offriamo” spiega Valentina Lubelli, 33 anni, uno dei soci del bar, lasciando intendere che il servizio caffetteria, che prevede prezzi più popolari rispetto alla media, è solo una delle tante attività in ballo e si affianca a spettacoli di cabaret, incontri culturali, book-crossing.

Nonostante Rab abbia aperto solo lo scorso novembre, alle spalle ha una storia molto lunga, simile a un grosso papiro da srotolare con pazienza, all’interno della quale si incontrano vite diverse sotto la bandiera di un obiettivo comune. Tutto nasce nel 2011 da un progetto dei volontari di ‘Handicap su la testa’, associazione che ha sede al Giambellino e che da anni lotta per promuovere l’integrazione sociale. “Per noi i disabili sono una risorsa. Li abbiamo formati per lavorare in un bar, preparare aperitivi, servire i clienti – spiega Valentina – così poi ci venuta l’idea di aprire un’attività che potesse mettere a frutto le loro competenze, ma che allo stesso tempo fosse anche una nuova opportunità per noi”. Da lì si è arrivati, nel marzo del 2015, alla fondazione della Cooperativa Sociale Baracca, che promuove l’inserimento lavorativo di persone affette da disabilità intellettiva, e all’apertura di Rab grazie a una serie di fondi ottenuti dalla vincita di alcuni bandi promossi da un gruppo di fondazioni. Infine l’incontro con WEMI, piattaforma online gestita dal Comune di Milano che si propone come sportello di orientamento a una serie di servizi a disposizione della cittadinanza attraverso una cinquantina di enti. “Li abbiamo contattati lo scorso inverno per proporgli il nostro progetto – continua Valentina - e siamo stati poi selezionati per condividere con loro questo spazio. Cinque giorni a settimana è infatti possibile parlare con alcune operatrici attraverso uno sportello. Il nostro obiettivo è regalare un po’ di benessere grazie alla valorizzazione delle relazioni sociali. Anche attraverso un profitto sano. Etico. Le due cose possono coesistere”.

In effetti, gli affari vanno abbastanza bene e la clientela si è pian piano consolidata. Al mattino predominano le signore di mezza età, il pomeriggio gli studenti, e non di rado i bambini, la sera i giovani. Merito di un quartiere sensibile alle novità e di orari flessibili (il bar è aperto il martedì, il mercoledì e la domenica fino alle 19, mentre dal giovedì al sabato si arriva alle due). “Ci piace lavorare insieme in questo spazio – conclude Valentina – anche perché molti di noi lo hanno già fatto in passato, per esempio nei pub. E ai ragazzi normodotati e affetti da disabilità proponiamo non solo un’esperienza lavorativa, ma un progetto di crescita personale. La dignità si coltiva solo in questo modo”. Fabrizio G., uno dei ragazzi diversamente abili che servono al bancone, ascolta educatamente la nostra conversazione, poi sparecchia il tavolo con garbo. Nessun tentennamento, nessuna incertezza. Solo una grande voglia di lavorare e controllare che sia tutto a posto.

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