Il parco delle Basiliche di Milano: tre storie che vi faranno rizzare i capelli

Molti luoghi hanno insospettabilmente un passato oscuro: aggiratevi con noi fra i racconti più cupi sul parco delle Basiliche di Milano

Fonte: Wikimedia Commons, foto Giovanni Dall'Orto

Fonte: Wikimedia Commons, foto Giovanni Dall'Orto

Milano, 22 dicembre 2016 - Pensionati, mamme con i passeggini, giovani con i cani in giro per il prato: nessuno direbbe che il parco delle Basiliche sia stato il luogo di orrendi crimini. Eppure è così. Vi sveliamo tre orribili storie che ve la faranno guardare in modo diverso. Arse vive Nella seconda metà del 1200 in Piazza della Vetra si bruciavano le streghe: l’Inquisizione, ospitata nella chiesa di Sant’Eustorgio, condannò Manfreda Visconti al rogo. La donna fu arsa viva assieme alle spoglie di quella che considerava la sua maestra, Guglielmina la Boema. Più tardi, era il 1617, le colonne del sagrato di San Lorenzo si accesero di bagliori sinistri: fra le fiamme ardeva Caterina de’ Medici accusata di essere una strega. Oggi, nello stesso luogo, i ragazzi si riuniscono per bere una birra e per stare in compagnia, ma resta il fatto che il parco delle Basiliche rimane fra i luoghi più lugubri della città per chi ne conosce la storia. Le condannate venivano portate al patibolo a dorso di un asino attraverso un ponte ora scomparso che, non a caso, si chiamava Ponte dei Sospiri. Dagli addosso all’untore! Una seconda storia particolarmente triste è quella del barbiere Gian Giacomo Mora, accusato ingiustamente di aver diffuso la peste in città dalle vicine che lo spiavano in Porta Ticinese: morì impiccato nell’estate del 1603. La sua casa fu bruciata e al suo posto l’Inquisizione fece porre una colonna: si tratta della celebre colonna infame rimossa nel 1778 con incisa la damnatio aeterna di cui scrisse Manzoni. La bella Rosetta Il tredici di agosto In una notte scura Commisero un delitto Gli agenti di questura Hanno ammazzato un angelo Di nome la Rosetta Era di piazza Vetra Battea la colonnetta Proprio alla colonna infame si riferiscono questi versi che raccontano di una adorabile prostituta, Rosetta, che esercitava la professione in piazza Vetra, adorata da tutti: padri di famiglia e scapoli, bottegai e signori, malviventi e poliziotti. Proprio uno di questi ultimi, in un raptus di gelosia, sembra abbia ucciso la donna, vedendola con un cliente.
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