Miopia politica

Innovazione digitale: le contraddizioni della manovra

Milano, 30 dicembre 2018 - L'anno si chiude con tante incognite, anche sul versante dell’innovazione digitale. Da una parte il governo Conte mostra sensibilità al tema e vara misure che sembrano andare nella direzione di un rafforzamento dell’economia digitale; dall’altra parte, però, sembra frenare il cambiamento con provvedimenti che rischiano di ritorcersi come un boomerang sullo sviluppo dell’industria 4.0. Blockchain, intelligenza artificiale e internet delle cose sono le nuove frontiere dell’innovazione digitale, destinate a implementarsi con ricerca, sviluppo e investimenti.

Nella manovra finanziaria in via di approvazione sono in arrivo per quelle tre voci 15 milioni di euro all’anno per il 2019 e per il 2020. Salgono dal 30 al 40% le agevolazioni fiscali previste per le persone fisiche e giuridiche che investono in startup innovative, il che inciderà sulla disponibilità al rischio nell’investimento. Come sollecitato opportunamente da Confindustria digitale, aumenta la deducibilità fiscale dei costi sostenuti per servizi e software fruiti su cloud. Inoltre viene rinnovato il credito di imposta per le attività di formazione. Il voucher per l’innovation manager consentirà invece di sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0. Infine, sono state inserite in manovra anche misure di sostegno alla microelettronica.

Tutti questi interventi meritori stridono, però, con la nuova web tax predisposta dal governo in legge di bilancio, che rischia di colpire l’innovazione anziché incentivarla. Così come è stata scritta, finirebbe, infatti, per colpire non solo i giganti digitali come Apple, Google e Facebook, peraltro con modalità discutibili, bensì anche gli editori italiani, impegnati faticosamente a individuare nuovi modelli di business e di integrazione tra editoria cartacea e on line, al fine di preservare l’informazione di qualità. La formula inserita in manovra prevede un’imposta del 3% per le imprese operanti nel web con fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro (di cui almeno 5,5 derivanti da servizi digitali). Una imposta che colpisce i ricavi anche delle aziende italiane del settore già soggette al prelievo ordinario, deprimendone i bilanci, e che non riequilibra la concorrenza tra i diversi operatori nel mercato digitale

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