Maurizio Solieri: "Io e Vasco, amici per sempre"

Il chitarrista e autore ospite nella redazione del Giorno

Maurizio Solieri ospite de Il Giorno

Maurizio Solieri ospite de Il Giorno

Milano, 14 giugno 2018 - Nome: Maurizio. Cognome: Solieri. Professione: autore-chitarrista. «Perché mi viene spontaneo scrivere canzoni», ammette il rocker nella redazione de “Il Giorno” presentando il suo nuovo album “Dentro e fuori dal rock’n’roll”. «Ho sempre nel cassetto materiale inedito e poi il prepotente ritorno del vinile mi ha spinto a tornare in sala anche per amore dell’oggetto». L’agenda estiva lo vede impegnato il 22 luglio a Bastida Pancarana con la sua Maurizio Solieri Gang, oltre che ospite di alcune cover band vaschiane quali la Bollicine, sabato prossimo a Crema, e la Blascover, il 7 settembre a Casirate D’Adda.

Com’è nato questo nuovo progetto?

«Nell’arco di tre anni, via via che le idee che venivano fuori. Da ex radiofonico ho avuto subito le idee abbastanza chiare sulla scaletta. Così sono il disco parte in maniera molto energica con “Io dico no”, per poi passare a “Dogsbody”, in cui affiora con forza la presenza di Michele Luppi, tastierista e seconda voce degliWhitesnake, e arrivare al poliziesco “Possible crime”. A cambiare registro è poi la ballatona “You will be my lady”, nata da una serie di demo realizzati una dozzina di anni fa per un musical su Caruso mai realizzato».

Chi è il “friend” dello strumentale “Song for a friend”?

«Trattandosi di un brano romantico ricco di atmosfera, mi è sembrato giusto dedicarlo ad un grande amico: Massimo Riva». Vasco non vi ha mai “perdonato” l’avventura della Steve Rogers Band. «Probabilmente ci ha sofferto molto. Nonostante il successo di “Alzati la gonna”, però, noi eravamo sempre disponibili e facevamo i dischi della Steve Rogers Band nei momenti morti del calendario di Vasco; fu lui a non volerne sapere. Così ci separammo. Ci ritrovammo, però, nel ’91 dopo tre anni di lontananza».

Nel 2014 è finita davvero. Anche se l’anno scorso Rossi l’ha voluta al Modena Park.

«Vasco è una rockstar dall’83, quindi mi sembra fisiologico che dopo tutto questo tempo senta il bisogno di avere attorno facce nuove che gli diano degli stimoli. È un modo anche per avvicinarsi ad un pubblico più giovane. Sebbene, col repertorio che si ritrova, potrebbe riempire San Siro anche accompagnato solo da una chitarra acustica».

Dispiaciuto per com’è andata?

Assolutamente no. Tanto sia sotto il profilo umano che sotto quello professionale con Vasco abbiamo vissuto momenti talmente belli e importanti da non lasciar spazio all’amarezza o, tantomeno, al rancore. Quello del rock, infatti, è un pubblico stupendo; se gli piaci, ti dà soddisfazione in qualunque situazione».

Tutto era cominciato a Milano.

«Nel ’77 stavo facendo il servizio militare a Napoli quando il mio amico Sergio Silvestri mi chiese di salire a Milano perché Rossi aveva fondato un’emittente libera di gran successo, “Punto Radio”, e dovevamo produrre dei demo. Arrivammo in una mattina nebbiosa e cominciò la storia».

Il suo Guitar Trio dei sogni?

«Steve Lukather dei Toto, Jeff Beck e io».

Un G3 italiano?

«Io, Ricky Portera e Dodi Battaglia. Anche se bisognerebbe fare un G10 perché gente come Luca Colombo o Cesario degli Elii non puoi lasciarla a casa»