Comincini: "Addio Grande Milano, ora tocca a Roma sanare i bilanci"

Si chiude la stagione da vicesindaco, prima con Pisapia poi con Sala

Eugenio Comincini, sindaco di Cernusco e numero due della Città Metropolitana

Eugenio Comincini, sindaco di Cernusco e numero due della Città Metropolitana

Cernusco Sul Naviglio (Milano), 10 ottobre 2016 - «Soldi e trasporti, Città Metropolitana deve ripartire da qui». Si chiude dopo due anni da vicepresidente l’esperienza di Eugenio Comincini, il 44enne sindaco di Cernusco assegnato alla cabina di regia della «grande Milano» prima da Giuliano Pisapia e poi da Beppe Sala. In dote ai colleghi che oggi si ritroveranno fra le mani le sorti delll’ente-fantasma che riunisce i 134 comuni dell’hinterland, innanzitutto, le difficoltà di bilancio. Se nel 2009 l’ex Provincia faceva manovre da 1,3 miliardi, la sua erede si è ritrovata con 400 milioni sulla carta. Ma è pura teoria: perché i conti 2016 sono tutt’altro che definiti. Per chiudere in pari mancavano 45 milioni di euro, poi ne sono arrivati 25 dal Patto per Milano siglato tra Sala e Matteo Renzi. Ne restano 20 da rastrellare a breve.

«Il problema va risolto a Roma – dice Comincini – il governo deve metterci la testa». Sulle mille cose da fare, ce ne è una attesissima dai cittadini ed è un traporto pubblico locale degno di questo nome. Cioè, tariffa unica in un’area che deve essere considerata una cosa sola e non più uno spezzatino, dove le differenze sono insopportabili: costi e servizi oggi sono tutti diversi «e si sa che l’erba del vicino è sempre più verde, con i problemi del caso», ironizza il vicesindaco.

Un primo risultato è arrivato: l’Agenzia unica tratterà la partita nella sua interezza. «All’interno di Città Metropolitana ho vissuto un’esperienza importante sotto tutti i punti di vista: umano e istituzionale. Ho capito cosa significa guardare al di là dei propri confini. Questa la prospettiva del futuro». Comincini si rende conto che attorno all’appuntamento elettorale di ieri non c’è stato grande entusiasmo. Forse perché alle urne vanno solo consiglieri comunali e sindaci, come vuole la riforma Delrio. «Noi nel nostro Statuto lo abbiamo messo: serve l’elezione diretta del sindaco e del Consiglio. Questo ente non può essere un passatempo o un impiego secondario. Per far crescere la Città metropolitana serve tempo, un impegno dedicato», spiega. Non esiste per ora una giunta che dà un seguito al potere esecutivo. Il sindaco indica dei consiglieri metropolitani, ma non sono assessori veri e propri e soprattutto finora è mancata una condivisione degli obiettivi. Difficoltà che si potrebbero superare se ci fossero le risorse necessarie.