Segrate, 12 novembre 2011 - Per uno «spread» che diminuisce, quello fra i btp italiani a dieci anni e i bund tedeschi, un altro «spread» aumenterà. Quello che applicheranno le banche dal prossimo mese per l’erogazione di mutui e prestiti. La parolina magica più ascoltata in queste settimane in televisione, nei bar e addirittura al mercato è già entrata nel vocabolario di tutti giorni.

Piace azzardare inglesismi per sentirsi padroni di materie complesse, come la finanza. Così, appena appreso l’ostico concetto di differenziale di rendimento tra titoli di Stato, prepariamoci a un doloroso ritorno al significato più immediato del termine, inteso cioè come margine di guadagno. Ebbene le banche italiane sottoposte dalla scorsa estate alla turbolenza delle borse si apprestano ad aumentare - chi prima e chi dopo, chi più e chi meno - tale margine di un punto percentuale.

Oggi lo spread medio è del 3%. Cosa significa per chi vuole accendere un mutuo? In parole semplici, la rata mensile sarà più cara anche di 40-50 euro rispetto a quella indicata in un contratto sottoscritto oggi. Il rialzo era programmato da tempo e non risponde a esigenze commerciali, è bensì dettato dal prezzo maggiore a cui gli istituti di credito comprano il denaro (dallo 0,9% di gennaio al 2% di pochi mesi dopo).

Senza il ritocco verso l’alto, per gli istituti di credito diventerebbe pressochè sconveniente prestare soldi. Ad attutire in parte l’effetto negativo ci penserà il taglio del tasso di interesse (un quarto di punto) applicato nelle scorse settimane dalla Bce che produrrà dalla prossime rate un beneficio economico a chi è titolare di un mutuo a tasso variabile.

Se dunque un consiglio si può dare a chi deve contrarre un finanziamento è quello di fare in fretta, anche perché «il rialzo dei rendimenti dei titoli di stato impatterà - avverte Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit - anche su famiglie e imprese. La scorsa estate il tasso dei Btp si attestava attorno al 5,5% e i mutui erogati in questi giorni hanno appunto quel tasso - ha spiegato il manager -: immagino che nei prossimi mesi il costo dei mutui si spingerà attorno al 6-7%, ovvero all’attuale livello dei Btp».

Dolori in vista, dunque. Anche per quanto riguarda l’erogazione del credito, che ha già subìto una sostanziale stretta nei mesi passati con maggiori garanzie di rimborso richieste. Le domande di mutuo (in media le bocciature sono oggi il 20%) vengono valutate con molta più attenzione di due anni fa e le formule con scadenza a 40 anni o ad anticipo zero, tanto pubblicizzate, sono praticamente scomparse dai boquet delle banche. Rispetto alla scelta del tasso di interesse, nella nostra zona il 90% è per il variabile. Ma quasi mai «puro» e quasi sempre appeso a un paracadute, sia esso il «cap» (l’opzione del tetto ha però costi elevati) o la possibilità di rinegoziazione del tasso stesso.