Vimodrone, omicidio Nista: "Manca il movente"

Prosegue il processo per l’esecuzione dello sfasciacarrozze. In aula la testimonianza di un carabiniere

Il luogo dell'omicidio

Il luogo dell'omicidio

Vimodrone (MIlano), 19 settembre 2017 - Il grande fratello per ricostruire le indagini sull’omicidio di Giuseppe Nista. I video delle telecamere di sorveglianza di luoghi pubblici e privati posizionati intorno al luogo del delitto sono stati mostrati in aula ieri alla ripresa del processo davanti alla Corte di Assise di Monza che vede imputato di omicidio volontario premeditato e porto abusivo di arma da fuoco Emilio Colantuoni, carrozziere 56enne di Paullo, arrestato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Monza su ordine di custodia cautelare del Tribunale monzese perché ritenuto responsabile della morte del 44enne di Melzo, titolare di uno sfasciacarrozze a Segrate ucciso a colpi di pistola sulla sua Bmw bianca station wagon la mattina del 10 maggio del 2012 in via del Mille a Vimodrone.

Proprio i carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Monza hanno portato davanti ai giudici le immagini che mostrano, dopo il delitto, avvenuto alle 8.37, uno scooter Yamaha TMax di colore scuro che alle 8.42 si ferma in via Tobagi e viene spinto con il piede a terra dal conducente. In quella strada verrà poi trovato un casco integrale abbandonato. Alle 8.46 un altro filmato mostra in via dell’Artigianato il passeggero dello scooter che cammina sul marciapiede, poco dopo raggiunto dal conducente che spinge ancora la motocicletta, che non è mai stata ritrovata dagli inquirenti. Nella strada è stato invece trovato un paio di guanti.

«Le indagini sono partite dal profilo della vittima, che era un trafficante di droga ed era fratello di Domenico Nista, arrestato nel 2007 e diventato collaboratore di giustizia nel 2010 quando aveva iniziato a raccontare nomi, cognomi e dettagli delle infiltrazioni ‘ndranghetiste al Nord - ha testimoniato in aula il luogotenente dell’Arma -. Ma ad oggi non c’è un movente accertato dell’omicidio. Nel 2016 è arrivata la segnalazione che un informatore indicava Colantuoni come il killer». Contro Colantuoni il dna estratto dal casco abbandonato; i tracciati telefonici, che avrebbero posto Colantuoni sul luogo e all’orario del delitto e l’intercettazione di una conversazione che il presunto killer avrebbe fatto in auto con l’allora convivente, chiarendo alcune circostanze e dettagli del delitto. Dal canto suo, l’imputato di omicidio volontario premeditato nega la pesante accusa, sostenendo che per un carrozziere come lui non è inusuale lasciare le sue tracce biologiche su un casco da motociclista. Si annuncia quindi un processo indiziario con una battaglia tra accusa e difesa. Al dibattimento, che riprende il 2 ottobre con altre testimonianze, si sono costituite parti civili la vedova e le figlie di Nista.