K-Flex, l’ora dello sconforto a Trezzo. Il governo tenta l’ultima mediazione

A un passo dal licenziamento i 187 operai del colosso della gomma sperano in un colpo di scena

Il presidio dei lavoratori K Flex

Il presidio dei lavoratori K Flex

Trezzo sull'Adda (Milano), 1 aprile 2017 - Un appello letto in italiano, portoghese, spagnolo, arabo, albanese, e in dialetto napoletano e milanese, a rispecchiare la provenienza degli operai del colosso della gomma plastica K-Flex: 187 a un passo dal licenziamento. Dopo le tensioni di martedì ai cancelli dello stabilimento di Roncello con le forze dell’ordine, impegnate a creare un varco alle dieci impiegate che volevano entrare, la protesta si fa itinerante.

Ieri i lavoratori, sventolando le bandiere, hanno raggiunto gli uffici dell’azienda in piazza Marconi a Vimercate. Gli operai hanno ribadito la necessità di sedersi a un tavolo con le istituzioni «per discutere di un nuovo piano industriale, di ammortizzatori sociali e di uscite incentivate». Hanno già risposto sia la Regione che il governo. Saranno due i ministeri impegnati nell’ultima mediazione possibile: Lavoro e Sviluppo economico. Al loro fianco, l’assessore lombardo alla partita Valentina Aprea, che segue la vicenda da vicino, e il governatore Roberto Maroni. Si corre per raddrizzare l’epilogo «segnato dall’intransigenza dell’azienda», ribadisce Roma, di una vertenza che va avanti da quasi 70 giorni, con presidio permanente della fabbrica, al confine con Trezzo e metà delle maestranze dell’hinterland.

«Siamo qui per ribadire il no alla delocalizzazione» della multinazionale nata e cresciuta sul territorio, che ha costruito una galassia nel mondo, con 27 società e 2mila dipendenti. «Una fortuna realizzata grazie a incentivi pubblici», ricordano i sindacati. E un tentativo appena fallito di riaprire il canale con la proprietà del viceministro del Mise Teresa Bellanova.

I lavoratori hanno chiesto aiuto anche a Papa Francesco. Il Pontefice, a Monza, la settimana scorsa ha parlato della «speculazione di chi toglie occupazione». Un messaggio che ha confortato gli operai in lotta, che ora vorrebbero incontrare Bergoglio.

L’ultima spiaggia per le famiglie coinvolte in una vicenda che è diventata un caso politico nazionale. Partiti e leader chiedono un intervento urgente per frenare l’emorragia «delle aziende che ricevono aiuti statali e poi lasciano il Paese emigrando all’estero».