Trezzo, nasce il comitato "No alla cartiera"

Passeggiata "anti-cemento alla Caldera"

La protesta

La protesta

Trezzo (Milano), 25 giugno 2018 - No alla cartiera: è il nome del Comitato battezzato ieri dai trezzesi che hanno partecipato alla passeggiata «anti-cemento alla Caldera». L’ex strada bianca al confine con Grezzago dove la giunta vicina ha autorizzato l’insediamento «di una fabbrica insalubre», spiega Fabio Cologni, referente del Wwf, in prima linea nella crociata. «Siamo di fronte a una nuova battaglia per la nostra salute. Esattamente come è stato anni fa per l’inceneritore». Per una cinquantina di attivisti, amanti del verde, semplici cittadini ed esponenti dell’opposizione «lo choc di vedere con i propri occhi l’ampiezza del futuro insediamento: 130mila metri quadrati di cemento, 20 campi da calcio uno in fila all’altro», delimitati da un nastro rosso in attesa che arrivino le ruspe.

«Un’immagine impressionante», hanno detto al cancello che hanno trovato sbarrato davanti al vecchio sentiero. L’area vicino al casello dell’A4 ospiterà i nuovi capannoni «nell’ultimo corridoio ecologico rimasto in zona – spiega Cologni –. Dobbiamo difendere il territorio». I paladini dei prati apriranno una pagina sui social network e raccoglieranno adesioni. «Abbiamo in mente una campagna in grande stile – dice Carlo Sironi, capogruppo di minoranza (Tutti per Trezzo) – a questo punto solo i cittadini possono fare il pressing necessario a fare invertire la rotta ai nostri amministratori». In realtà le chance sono poche, il privato ha maturato il diritto a costruire, revocarlo comporterebbe una causa milionaria. A Trezzo, il privato riconoscerà un milione e mezzo di indennità per la servitù della Caldera, l’unica via d’accesso esistente al futuro polo industriale in gestazione dal 2010 e ora al rush finale. Realizzarne un’altra nella sola Grezzago avrebbe comportato un ulteriore ritardo.

I confinanti incasseranno 5 milioni e mezzo di oneri per la costruzione della nuova scuola, la giunta (a partire dalla precedente che ha messo in cantiere il progetto) ha sempre spiegato che l’operazione serve al futuro del paese. Una ragione che non ha mai convinto i detrattori, il Wwf fra ricorsi e osservazioni ha cercato di «scongiurare il pericolo» e in ultimo ha tentato anche con le buone presentando una proposta in extremis: traslocare la fabbrica a un chilometro e mezzo, vicino al Forno Falck, cioè a Trezzo. Ma Grezzago perderebbe il tesoretto. Missione impossibile? Non per chi è convinto che «nulla lo è quando si tratta di tutelare il futuro», chiude Cologni.