Uccise la compagna a Pozzo, l'omicida: "Le misi le mani al collo e poi chiusi gli occhi"

Ha parlato ai giudici della Corte d’Assise di Milano Carmelo Fiore, arrestato per aver ucciso la compagna Charlotte Yapi

Il dolore degli amici al funerale di Charlotte

Il dolore degli amici al funerale di Charlotte

Pozzo d'Adda (Milano), 18 febbraio 2020 - Carmelo Fiore nell’aula della Corte d’Assise, giudice Ilio Mannucci Pacini, ripercorre i momenti drammatici in cui ha ucciso a mani nude la compagna Charlotte Yapi di vent’anni più giovane, dopo una violenta lite, una delle tante che ormai avevano guastato il loro rapporto. "Ho iniziato a picchiarla, ero stanco di tutto. Le ho messo le mani al collo e ho chiuso gli occhi. Poi ho cominciato a stringere, siamo caduti per terra, ma io non riuscivo a lasciare la presa, stringevo, stringevo forte. L’ho lasciata solo quando ho capito che non si muoveva più". E ancora: "Quando ho capito che era morta ho deciso di togliermi la vita. Erano le 3 del mattino, chiamo la mia ex moglie e le dico ho fatto una caz...., passami i bambini che li voglio salutare per l’ultima volta. Poi, giro il coltello verso il cuore e con un colpo secco provo a uccidermi. La ferita è profonda, ma non mortale, allora penso, muoio dissanguato, me lo merito di soffrire".

Sarà la ex moglie a chiamare il 112, ma non sapeva dove si trovasse l’abitazione e nemmeno dove fosse lui. Dopo le prime ricerche i militari della Compagnia di Cassano d’Adda sono arrivati a Pozzo, in via Taviani, e hanno rintracciato l’appartamento dove pare che i due da alcuni mesi avessero cominciato a convivere. La vittima, madre di due bambini che abitano con l’ex marito, era stata adottata da una famiglia italiana, ed era cresciuta qui. Faceva la commessa, ma ultimamente era disoccupata. Ai carabinieri risultano due precedenti violenti tra i due: il primo pochi giorni prima dell’omicidio, quando i militari erano stati chiamati da lei dopo un litigio, a cui però non aveva fatto seguito alcuna denuncia; il secondo un anno prima, quando lei aveva rotto un dito a lui che a sua volta l’aveva picchiata. La corte d’Assise ieri ha respinto la richiesta di perizia psichiatrica chiesta dall’avvocato di Fiore, Andrea Benzi, perché l’assassino è stato ritenuto lucido al momento del fatto. Lui stesso, in carcere, aveva poi confessato che l’aggressione era scaturita da un momento di rabbia, per soldi. "Avevamo discusso, avevo deciso di fare io la spesa, perché quando davo i soldi a lei li spendeva per comprare cibo di marca o altre cose inutili. Io ero in cassa integrazione, facevo quello che potevo". L’udienza è stata rinviata al 16 marzo, per le discussioni del pm Maura Ripamonti, del legale di parte civile e della difesa dell’imputato. Quel giorno potrebbe arrivare la sentenza. A Pozzo Charlotte è una ferita aperta. Per la famiglia che chiede giustizia e per la comunità.