Pioltello, il debito e quella bomba sotto casa: "Se non paga il figlio, paga il padre"

Esplosione nella palazzina: preso usuraio ’ndranghetista

I carabinieri davanti alla palazzina di via Dante

I carabinieri davanti alla palazzina di via Dante

Pioltello (Milano), 7 novembre 2017 - Un clima di terrore scandito da minacce, ripetute nel tempo e sempre più pesanti, fino ad arrivare all’esplosione di una bomba sull’uscio della casa di un operaio ecuadoregno. Un’estorsione di stampo mafioso: questo il movente che ha spinto Roberto Manno, il 25enne appartenente a una nota famiglia ‘ndranghetista di Pioltello, a fare saltare in aria un palazzo di via Dante, a Limito, dove una famiglia sudamericana ha vissuto mesi di paura. Manno è stato arrestato ieri con l’accusa di aver provocato l’esplosione della bomba per punire un operaio che non poteva pagare la somma di 32mila euro a fronte del prestito di 20mila euro. All’origine delle minacce un debito contratto dal figlio dell’operaio, costretto a chiedere denaro a Manno perché aveva perso dei soldi nella sua attività di impresario di artisti. "A Pioltello la vita è diventata insostenibile: quando ieri sono tornata a casa a prendere le mie cose la gente del condominio voleva picchiarmi e diceva che era colpa mia quello che era successo".

Sono le parole della madre del ragazzo perseguitato da Roberto Manno, frutto delle intercettazioni dei carabinieri. "Mio figlio non ha mai sporto denuncia - ha detto la donna - ed è dovuto scappare in Ecuador ad agosto". In seguito alla fuga del ragazzo, "le visite di Manno si erano fatte sempre più frequenti", così come le minacce nei confronti del padre. "Se non paga il figlio, paga il genitore - così si era rivolto Manno all’operaio il giorno prima dell’attentato - e vedrai quello che ti succederà". Nella notte del 10 ottobre, Manno avrebbe portato una bomba nel palazzo, l’avrebbe fissata con il nastro adesivo alla porta di un appartamento del primo piano, avrebbe innescato l’ordigno e sarebbe poi scappato. "Non avevo idea che ci fosse un clima del genere, altrimenti non avrei mai accettato di seguire il condominio - racconta Giuseppe Bellantoni, amministratore del civico 9 di via Dante -. Pochi giorni dopo l’esplosione, l’operaio è venuto nel palazzo scortato dai carabinieri a prendere dei vestiti. Voleva fare subito il trasloco, ma non era possibile perché l’edificio non era agibile. Non sappiamo dove sia la famiglia, nessuno qui l’ha più vista da quei giorni". Le vittime sono scappate in Ecuador per spezzare la catena delle minacce.

A Pioltello tutti sanno che i Manno sono gente pericolosa - le parole della madre del ragazzo riportate nelle intercettazioni -. Mia cognata è andata al parco con il bambino e mi ha detto che le persone la additavano, dicendo che il padre di Manno era in carcere e che tra un anno sarebbe uscito, sottolineando che quando ai Manno toccano i loro figli non si fermano davanti a niente".