Vaprio, l'avvocato del pakistano espulso: "Daremo battaglia"

L'avvocato Carlo Antonio Facile annuncia "opposizione in tutte le sedi possibili"

Aftab Farooq

Aftab Farooq

Vaprio d'Adda (Milano), 5 agosto 2016 - "Faremo opposizione in tutte le sedi possibili". Al decreto di espulsione, firmato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, senza escludere il ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Parla per la prima volta dopo il blitz dei Ros a Vaprio contro il suo assistito, Carlo Antonio Facile, l’avvocato di Aftab Farooq, il magazziniere pakistano 26enne aspirante combattente dell’Is, rimpatriato a Islamabad. Anche dall’aereo, l’ex capitano della nazionale di cricket under 19 ha ripetuto di essere innocente. "La sua espulsione ha colto tutti di sorpresa – precisa il difensore – non conosciamo i dettagli dell’inchiesta, ancora aperta. Non abbiamo accesso al fascicolo in questo momento, non sappiamo con esattezza quando sono cominciate le indagini a suo carico, dobbiamo accontentarci di un generico ‘parecchio tempo fa’. Stiamo valutando il percorso migliore per far valere i nostri diritti".

Che Aftab e famiglia non si sarebbero rassegnati al bollino di "pericoloso" appiccicatogli addosso dai Ros e dalla Procura, è stato chiaro da subito. Muhammad, il padre del potenziale jihadista, l’aveva detto dopo che glielo avevano portato via. "Sono cittadino italiano, ho sempre rispettato le leggi. Vorrei ora che le leggi rispettassero noi. Non si può cacciare una persona in quel modo, senza avere il tempo di difendersi. Farò tutto quello che è possibile perché sia riabilitato, come merita. Mio figlio è un bravo ragazzo, non ha mai fatto male a nessuno. Devono crederci".

A dar man forte al suocero, c’è Munaza, la nuora, che nega la deriva del marito. "Non si era radicalizzato". Gli investigatori però hanno raccolto un dossier che racconta il contrario, in ogni foglio, a ogni riga c’è la storia della "pedina" Aftab. Così solo e così isolato da aver perso il contatto con la realtà, come il 70% degli attentatori. Con una progettualità rimasta sulla carta, che partiva però da un fanatismo vero. "Devo andare a fare la guerra santa", era la frase con cui ossessionava Munaza fra le pareti domestiche. Lei smentisce tutto. L’idea che di lui hanno gli investigatori è che fosse una bomba senza miccia. Non aveva ancora incontrato qualcuno pronto a fare esplodere l’odio per l’occidente cullato nel segreto di Internet. Ma la convinzione è che il passo per diventare un lupo solitario sarebbe stato breve. "Non vuoi il burqa perché devi fare la fashion", ripeteva alla moglie che porta solo il velo, tradendo il dna di quella jihad più vagheggiata che vissuta di cui è stato breve protagonista. I Ros hanno evitato il salto di qualità e anche il gip di Torino, che ha convalidato l’espulsione, ha abbracciato prove e timori che hanno portato al provvedimento.

Per la legge, fino a prova contraria, Farooq è una minaccia per la sicurezza nazionale. E mentre all’orizzonte si profila una battaglia legale e parenti e amici protestano sotto al Municipio, in questo spicchio di hinterland sale la tensione.