Cernusco, morta per un sasso contro l'auto: il lungo silenzio del colpevole

Due anni fa la donna fu uccisa da un sasso scagliato sul parabrezza, indagini a tappeto ma senza esito

I carabinieri durante i rilievi effettuati sulla Pobbiago-Cavenago

I carabinieri durante i rilievi effettuati sulla Pobbiago-Cavenago

Cernusco sul Naviglio (Milano), 10 novembre 2019 - Due anni senza giustizia per Nilde Caldarini, la volontaria di Cernusco uccisa da un sasso lanciato contro la macchina sulla quale viaggiava di ritorno da un incontro di preghiera. Erano le 23.45 del 9 novembre 2017 e sulla Pobbiano-Cavenago, la provinciale che corre attorno alla città, non c’era nessuno. Tranne l’assassino che le ha scagliato addosso, forse per gioco, forse noia, una pietra di un chilo e quattro etti da una collinetta vicina ai palazzi del nuovo rione, lì di fronte.

Tutto è successo in un attimo. Il buio ha impedito agli amici dell’impiegata 62enne che erano in auto di scorgere il responsabile e lui, forse, che non pensava neppure di fare centro, è fuggito. Per lei, colpita allo sterno, come ha certificato l’autopsia, non c’è stato niente da fare. È morta poco dopo la mezzanotte prima dell’arrivo in ospedale. Per il lanciatore, da quel momento, è cominciata forse una lotta con se stesso, ma alla fine non si è fatto avanti. Le indagini partono subito, serrate. I carabinieri di Cassano mettono sotto stress il quartiere e tracciano un profilo dell’omicida. Giovane, anzi giovanissimo, quasi certamente di buona famiglia. Non è un mostro, ma un ragazzo come tanti. Lui resiste, e i suoi genitori pure. Perché ci sono pochi dubbi sul fatto che loro, mamma e papà, sappiano.

Attorno, il branco fa quadrato. Sarebbe questo lo scenario nel quale è maturato il delitto. L’ipotesi che il lancio sia il frutto di un folle tiro al bersaglio fra adolescenti è sempre stata la pista privilegiata, ma la ricerca di riscontri è ancora a un punto morto. A complicare il lavoro degli investigatori, l’assenza di telecamere in zona e anche nel sottopassaggio nelle immediate vicinanze, ritrovo abituale di comitive, come raccontano graffiti sui muri. Neppure i compagni di viaggio a bordo della Opel sono stati in grado di offrire agli inquirenti un elemento da cui fare partire le ricerche. Un appiglio per dipanare la matassa. Lo choc improvviso a pochi metri da casa ha impedito a tutti di diventare testimoni. Gli esperti hanno cercato tracce biologiche sul masso e sul terrapieno, ma non sono emersi elementi utili. In procura a Milano resta aperto un fascicolo per omicidio volontario con «dolo eventuale»: per gli inquirenti, isnomma, chi scagliò la pietra quella sera accettò consapevolmente il rischio di poter uccidere.

La famiglia , il marito e una figlia trentenne, attende in silenzio una svolta e custodisce il ricordo di una donna discreta, che dopo la morte di un figlio ventenne si era dedicata anima e corpo al recupero di giovani tossicodipendenti in una comunità nella vicina Pontirolo, nella Bergamasca. Si era messa al servizio degli altri per non farsi sopraffare dal dolore. Ci andava tutti i giovedì, come il giorno della tragedia. Resta un’unica via: la crisi di coscienza dell’autore che potrebbe costituirsi. Ci ha sempre sperato il sindaco Ermanno Zacchetti che l’ha invitato pubblicamente a uscire dall’ombra. Ma in questi 24 mesi il colpevole è riuscito a tirare avanti come se il sorriso di Nilde Caldarini che fa capolino da una foto non lo inchiodasse già da solo.