Cassano, chiosco sulla spiaggia chiuso: risarcita la titolare

Lo sgombero del Bar Ananasso infiammò l'estate del 2013

Il chiosco chiuso dai vigili

Il chiosco chiuso dai vigili

Cassano d'Adda (Milano), 4 maggio 2015 - Bar Ananasso, «sbagliò il Comune»: alla titolare del chiosco un risarcimento e tante scuse. Così si è espresso il giudice di Pace di Milano Bruno Giovanni Pulci a proposito della querelle che infiammò l’estate 2013 sulle rive del fiume, quando, dopo non poche schermaglie pubbliche e meno pubbliche a Palazzo, la Polizia Locale rimosse il chiosco-bar a forma di ananas sistemato per il periodo estivo alla spiaggia del Pignone. La sentenza suona come una beffa, ma chiude comunque, almeno per ora, una controversia che nei mesi si trasformò in un circo a più piste, coinvolgendo il Comune, la titolare del baretto Noemi Gabotti, l’associazione che allora aveva in gestione estiva la spiaggia, la Enjoy Tribe, e il comandante della Polizia Locale Flavio Rossio, che sostenne con decisione l’illiceità delle autorizzazioni al baretto e la necessità di smantellarlo anzitempo, divenendo protagonista di un silenzioso ma velenoso braccio di ferro con l’amministrazione stessa.

Torniamo un passo indietro per ricordare i fatti. Il baretto fece la sua comparsa nel luglio del 2013. La spiaggia del Pignone era stata data in gestione, e fu l’associazione che gestiva l’area a concedere l’installazione temporanea del chiosco, posizionato su ruote quindi movibile, e con permesso di vendita di bevande e cocktail. Una presenza «ristoratrice» a margine del progetto turistico-estivo della spiaggia, dove, quell’estate, furono collocati gazebo, noleggio canoe, stand fitness e benessere e noleggio ombrelloni e lettini. Alcuni esercenti scesero sul piede di guerra, uno di essi presentò un esposto, ancora in itinere. Fu proprio la Polizia Locale, e in particolare l’allora comandante Rossio, a stabilire, esaminati i regolamenti per il commercio itinerante, che il chiosco, lì, non dovesse esserci. E in luglio, dopo settimane di singolare botta e risposta fra il comandante e la stessa amministrazione comunale, i vigili firmarono lo sgombero. «Non finisce qui - disse quel giorno la titolare - : io sono in possesso delle autorizzazioni, e andrò sino in fondo». E aveva ragione, almeno secondo il Giudice di Pace, che ha stabilito a carico del Comune e a beneficio della signora un indennizzo di quasi mille euro, più 650 circa per il pagamento delle spese legali. Questo a risarcimento del danno subito, dei materiali e delle spese di sgombero. Non è stato possibile, in sede di udienza, e come la barista chiedeva, quantificare il mancato introito di quella famosa estate, che per l’”Ananasso" finì ancora prima di partire. Per l’amministrazione, una vicenda sfortunata. Lo scorso anno, a «choc» ancora fresco, e con una stagione comunque meterologicamente infelice, si è rinunciato a qualsiasi progetto di gestione estiva della spiaggia. Quest’anno, assicura il sindaco Maviglia, qualche cosa si farà: «Ma bar, certamente, nulla». Solo poche parole da parte dell’allora comandante dei Vigili Rossio, trasferito da qualche mese al comando della Polizia Municipale di Melzo.

Nessuno lo dice, ma il fattaccio dell’ananasso minò irreparabilmente i rapporti almeno con una parte della giunta. «Tutte cose del passato, di cui non voglio parlare - dice ora il comandante - se non per un aspetto cui tengo. Il pronunciamento del giudice di pace non significa che le mie conclusioni di allora furono errate. Significa solo che lei era stata autorizzata, e ha diritto a un risarcimento. Sono due livelli molto diversi».