Ceme, le donne scrivono a Boldrini. E lei le convoca subito a Roma

Una delegazione di 63 operaie da Carugate incontra la presidente

Una delle proteste contro la chiusura

Una delle proteste contro la chiusura

Carugate (Milano), 28 giugno 2017 - «Presidente, ci aiuti lei. Rischiamo di perdere il posto, molte di noi sono mamme sole. Per una donna, di questi tempi, trovare un’alternativa è quasi impossibile». Le lavoratrici della Ceme scrivono a Laura Boldrini e lei le convoca subito a Roma. Domani, una delegazione delle 63 operaie licenziate dal colosso delle elettrovalvole di Carugate (ma in bilico, uomini compresi, sono in 97) sbarcherà a Montecitorio per l’incontro con il numero uno della Camera, paladina delle pari opportunità. Le racconteranno la paura e la voglia di non mollare. Molte sono monoreddito, senza compagno o marito, con bimbi piccoli.

Le donne della fabbrica, quasi tutte oltre gli «anta», parleranno «della paura del futuro, se significa non sapere cosa mettere ogni giorno in tavola». Sogni infranti e una tranquillità che all’improvviso si è rivelata di cartapesta. «Abbiamo lavorato una vita qui dentro e ora ci buttano fuori». I volti segnati dalla preoccupazione, le notti insonni, non scalfiscono, però, la volontà «di difendere con le unghie e con i denti quel che abbiamo costruito». Sul futuro della maestranze, ipotecato dalla proprietà con l’annuncio della chiusura del sito, tornano anche i sindacati. «Questa è un’azienda che ha tutti i numeri per continuare a esistere», dice Andrea Ricci della Fim Cisl. Lanci e rilanci, in vista del doppio tavolo che vedrà le parti impegnate in trattativa venerdì e mercoledì. Ceme apre uno spiraglio. «Cercheremo di ricollocare una parte significativa del personale dai nostri terzisti», gli stessi ai quali, secondo il piano di ristrutturazione, andrà tutto il lavoro di Carugate. «Un proposito fumoso, senza numeri certi», per Fim e Fiom, che continuano a chiedere la revoca del licenziamento collettivo.

«Auspichiamo un confronto costruttivo per concretizzare l’opportunità che stiamo costruendo», replicano i dirigenti, che insistono sulla necessità di chiudere la fabbrica di viale delle Industrie «per mantenere le quote di mercato in anni così difficili». L’intento è di concentrare l’attività a Trivolzio, nel Pavese, dove il marchio ha un grosso stabilimento. Insomma, la strada per l’accordo è lunga. Il termine scadrà il 20 agosto, «ci sono tutte le premesse per arrivare fino in fondo», annuncia Ricci. Intanto, il pressing istituzionale rimbalza a piani sempre più alti. Dopo l’impegno del Comune, che sta cercando «di salvaguardare le famiglie coinvolte», e della Regione, la vertenza approda a Roma. L’incontro con Boldrini potrebbe mettere il caso su un altro binario. Ci sperano le donne della Ceme, che all’alba salteranno sul treno.