Il diavolo Covid in corpo

Alla lunga le gambe poco allenate non reggono, 2 rigoricchi evitabili

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di Salvatore Mannino

Più che il Mantova potè il Covid. Eh sì, perchè ci sono sconfitte e sconfitte, anche se tutte fanno male e contribuiscono all’ultimo posto in classifica, sia pure con tre partite da recuperare. E quella consumata in terra lombarda dipende sì dal valore dei padroni di casa, che hanno avuto le loro brave occasioni, ma pure dalle gambe molli, fiaccate dal virus, che hanno retto per un tempo solo, salvo cedere alla distanza di una tenuta inevitabilmente fragile, dopo due settimane quasi senza allenamento e anzi per molti col corona in corpo. Alla fin fine, se può essere una consolazione, resta la sensazione di una squadra che con tutte le difficoltà già ricordate comincia ad assomigliare a una squadra, con un allenatore che vivaddio è finalmente un allenatore.

Lo si vede in un primo tempo nel quale l’Arezzo soffre ma restituisce i colpi, insolitamente solido anche dietro, dove prima la difesa pareva di pastafrolla. Merito degli innesti ma anche dei concetti che Camplone comincia a far intendere alla sua banda, che prima non suonava il rock ma la marcia funebre degli errori a ripetizione.

Non è un caso che le due occasioni più nitide capitino una per parte e se Ganz jr nel finale ne sbaglia una clamorosa, la prima la fallisce colpevolmente Belloni, solo davanti al portiere in un rigore in movimento che un giocatore più lucido non avrebbe mai mancato, dando un senso diverso alla partita. L’esterno-fantasista amaranto, peraltro, si renderà responsabile anche sul penalty che sblocca l’incontro: decisamente insufficiente.

Già, i rigori. Il Mantova aveva già avuto le sue palle gol e altre ne avrebbe sprecate in vantaggio, ma l’impressione è che senza le due decisioni dell’arbitro la partita sarebbe rimasta in bilico fino alla fine. Parliamone allora. I due fischi ci possono stare entrambi, ma sia l’uno che l’altro danno l’impressione dei rigoricchi che l’Arezzo si sarebbe potuto risparmiare con un po’ più di attenzione. Sul primo Belloni affonda contro un avversario quasi imbottigliato (ingenuo), sul secondo il portiere Sala (bravissimo per il resto, che gli amaranto abbiano finalmente trovato, al quarto tentativo, il loro estremo difensore?) mette le mani addosso all’ex non rimpianto Cheddira quando sembra aver già perso palla.

Un doppio gancio in cinque minuti cui la truppa di Camplone offre una reazione modesta, almeno rispetto alle due rimonte col Matelica e con la Triestina. Anche Cutolo, il più generoso, non ha più fiato nè spunto. Mai visto il capitano così poco incisivo nel tiro e nei cross. Zuppel, centavanti ragazzino, aveva già dato tutto nel primo tempo, quando aveva consentito ai suoi di salire nel classico ruolo della punta boa. Il ragazzo pare destinato a farsi. Peggio gli sciagurati Di Nardo e Merola, appena entrati, che (l’ultimo in particolare) si mangiano le palle per riaprire la partita. Dei nuovi lascia buone sensazioni Di Paolantonio, buon nocchiero di centrocampo.

Eppure il cammino resta duro, durissimo, a cominciare dalla prossima trasferta a Imola. L’Arezzo dovrà marciare al ritmo delle squadre da Champions, con un organico ancora precario per colpa del Covid. E però la squadra vista anche a Mantova dà l’idea che il virus l’avesse il primo Cavallino, quello ante-Camplone. Che la guarigione (se tale è) sia cominciata ancor prima del vero contagio?