Mantova - Un delitto d’impeto, una vendetta familiare, l’ombra di un serial killer: l’omicidio di Malavicina ha molte declinazioni. Sabato si sono svolti i funerali della vittima, Anna Turina 73 anni. Nella frazione di Roverbella, hanno partecipato parenti e amici. Assente forzato, il genero Enrico Zenatti, 54 anni, da dieci giorni rinchiuso nel carcere di Mantova con l’accusa di aver ucciso la suocera. Attorno a lui si sono dipanati il racconto (o la leggenda) del serial killer. L’ambulante di frutta e verdura veronese era stato incriminato, condannato e poi assolto in via definitiva per l’ omicidio di due prostitute sudamericane, con una delle quali pare avesse una relazione. Passati tre anni in carcere, liberato dopo la Cassazione, perdonato dalla moglie, con la quale ha avuto due figli, Zenatti tornò a Malavicina. Lavorava nel negozio di famiglia di fronte alla chiesa, portava la spesa nelle corti della zona. Era anche impegnato in attività sociali, con la protezione civile era stato ad Amatrice ad aiutare dopo il terremoto. Un insospettabile, fino a giovedì 9 dicembre. Quel giorno nella villetta di largo Puccini, nel seminterrato-cantinetta, i soccorritori trovano Anna Turina in un lago di sangue. La donna ha una ferita letale alla gola, qualcuno le ha reciso la giugulare. Prima lei era riuscita a chiedere aiuto. In poche ore prende corpo la pista di un delitto e già venerdì viene fermato il presunto omicida: ed è proprio Zenatti. Tra lui e la suocera sembra ci fosse astio, anche per l’ingombrante passato di lui. Un passato che riserva ancora sorprese: il pm dell’inchiesta mantovana, Fabrizio Celanza, è lo stesso che aveva indagato sul duplice assassinio di Verona. E che aveva chiesto 30 anni per l’imputato, che poi se l’era ‘cavata’ con 18. Come allora Zenatti nega tutto. All’interrogatorio in carcere davanti al gip, al pm e del legale d’ufficio, l’avvocato Silvia Salvato, afferma: "Non l’ho uccisa io". Il gip però lascia dietro le sbarre l’ambulante. I carabinieri di Mantova mettono assieme i pezzi di quel pomeriggio. Zenatti, dicono le telecamere, era sul luogo del delitto (lui aveva ammesso la circostanza: "Ero stato da mia suocera per prendere una bottiglia") . Poi è rimasto solo con la Turina mentre la moglie Mara e il cognato Paolo, ingegnere figlio della vittima, erano corsi fuori a chiedere aiuto (altra ammissione: "Ma sono stato solo per pochi attimi"). Su una ricostruzione tutta da svelare diranno la loro i carabinieri del Ris. Intanto la difesa sottolinea che non ci sono né movente né arma del delitto, ragioni per cui sin da oggi (lunedì, ndr) potrebbe presentare richiesta di riesame. In parallelo con gli accertamenti a Mantova, cresce il tam tam sulla pista del serial killer. Le due escort vennero uccise nel 2003 e nel 2004. Una è stata trovata strangolata nel suo letto, dell’altra sono scomparse le tracce, tanto che a suo tempo le ricerche vennero estese anche nei campo di Malavicina. L’avvocato veronese di parte civile, Enrico Bastianello, ha ipotizzato di chiedere la riapertura del caso davanti agli sviluppi mantovani. A Mantova si è parlato di possibile allargamento dell’inchiesta ma la Procura tace su tutto, compreso il duplice ruolo del suo pm. Per il momento, però, non è affiorato nemmeno un cold case di prostituta uccisa, nel raggio d’azione dell’ipotetico assassino seriale, tranne una ammazzata a botte. Resta il fatto di un solo uomo per due volte presunto colpevole. Nel vecchio processo, Zenatti aveva potuto contare sull’appoggio della famiglia, che alla fine era stato importante per la sua assoluzione. Stavolta sarà così? La sua versione e quella di moglie e cognato non sembrano coincidere. Ma l’indagine è tutta da scrivere.