Mantova, un prezioso arazzo di Giulio Romano donato a Palazzo Ducale

Lo ha acquisito il ministero dei Beni culturali col sostegno della Fondazione Palazzo Te

Mantova, 23 gennaio 2021 - Le sue tracce si erano perse alla fine del Seicento ma oggi, dopo oltre tre secoli, torna a Mantova, dove era stato ideato e realizzato, un prezioso arazzo cinquecentesco raffigurante Venere spiata da un satiro. E' opera di Giulio Romano, genio rinascimentale che lo preparò per ordine del duca Federico Gonzaga. La tela venne tessuta dal 1539 e il 1540 dal fiammingo Nicolas Karcher, il maggior artista nell'arte degli arazzi chiamato a Mantova alla corte gonzaghesca per impiantarvi il proprio opificio. Dall'arazzeria la Venere passò a Palazzo Ducale a disposizione dei committenti fino alla dispersione del patrimonio dei Gonzaga alla fine del 17esimo secolo. Di lì la sua storia si fa oscura. L'ultimo capitolo è l'acquisto da parte del ministero dei Beni artistici e culturali nel 2020 da un collezionista privato. L'operazione, del valore di 300mila euro, si è svolta con l'intervento determinante di Palazzo Ducale e il sostegno anche economico della Fondazione Palazzo Te dove quest'anno si svolgerà una grande mostra internazionale dedicata al mito di Venere nell'arte. L'arazzo è di dimensioni monumentali (4 metri e più di altezza e 4,5 di larghezza) ed è già stato sistemato in una sala del castello dei Gonzaga, che attende di aprire i propri spazi dopo il lockdown. Dal Ducale passerà alla reggia estiva in primaverà, per aprire simbolicamente la mostra dedicata alla dea dell'amore. Il cartone di Giulio Romano alla base dell'arazzo si ispira a un raccolto classico di Filostrato: raffigura Venere spiata da un satiro in un paesaggio idilliaco dove si muovono svariati putti intenti in varie occupazioni. La tela è un ricchissimo esempio di arte rinascimentale che non poteva che attirare l'attenzione. Inghiottita dal mistero a fine Seicento, era ricomparsa all'inizio del Novecento a Vienna. Nel 1972 era a un'asta a Londra dove la acquista lo storico dell'arte Federico Zeri, che intuisce il grande valore dell'opera. Gli eredi di Zeri la vendono nel '74 al collezionista Raffaele Verolino, dal quale l'acquista il Mibact. Ora che il gioiello è tornato ad arricchire il tesoro artistico mantovano possono esrpimere la propria soddisfazione gli attori dell'acquisizione: il direttore generale dei musei Massimo Osanna, quello di Palazzo Ducale Stefano L'Occaso (un po' il regista dell'operazione) e Stefano Baia Curioni, alla guida di Palazzo Te.