Mamma morta di parto, il marito contro l'archiviazione del caso: "Voglio la verità"

Il decesso di Stella Migale, titolare di una pizzeria a Castiglione delle Stiviere, nel 2014 all'ospedale di Desenzano. Dopo 7 mesi morì anche il bambino

’ingresso dell’ospedale  di Desenzano

’ingresso dell’ospedale di Desenzano

Mantova, 3 aprile 2019 - «Nessuno ci ascolta. Ho presentato denunce su denunce e ho trovato solo porte chiuse. Che cosa devo fare ancora per sapere la verità? Devo farmi giustizia da solo? Oggi la mia Stella avrebbe compiuto 42 anni. E tutto quello che so è che lei e mio figlio non ci sono più. E non so il perché». Antonio Virelli è disperato e arrabbiato. Questo marito e padre non può accettare di avere perso la moglie, deceduta il 24 giugno 2014 all’ospedale di Desenzano del Garda mentre dava alla luce il suo secondogenito, Andrea, morto sette mesi dopo la madre.

Stella Migale, titolare di una pizzeria da asporto a Castiglione delle Stiviere, già mamma di una ragazza oggi 21enne, morì a 37 anni durante un parto tragico, cui è seguito un iter giudiziario travagliatissimo, non ancora concluso solo per la tenace determinazione dei parenti della vittima. L’ultima carta giocata per arrivare a un processo, mai celebrato perché il caso fu archiviato, è la richiesta di avocazione alla Procura generale. La vicenda fece finire sotto inchiesta per omicidio colposo 8 medici di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale gardesano, che quella notte si erano occupati di assistere la donna nelle ultime ore di gestazione. Una gestazione andata bene.

La consulenza tecnica della Procura scagionò l’équipe da qualunque colpa professionale. Stella ha perso la vita per una sindrome di embolia amniotica, evenienza rara (un caso su 40mila parti), «imprevedibile e non preventivabile», furono le conclusioni. Quando il battito del cuore del bimbo ha rallentato, i medici sono intervenuti con una «reazione immediata» eseguendo il cesareo «in tempi minimali». I consulenti della famiglia Virelli-Migale invece sostengono una tesi opposta, all’insegna degli errori procedurali e di valutazione. «Non solo alla signora fu rimosso tardivamente il dispositivo per l’induzione al parto, ma il cesareo fu eseguito in grave ritardo, quando non c’era più nulla da fare – stigmatizza l’avvocato Gianfredo Giatti – Le prime decelerazioni del battito del bimbo risalgono alle 4,35 e Stella entrò in sala operatoria alle 5,40». La difesa depositò anche una registrazione eseguita con il telefonino dal cognato della vittima, il quale fuori dalla sala parto assistette a una discussione concitata tra medici. Quella registrazione indusse il gip a concedere un supplemento istruttorio, ma il fascicolo finì ugualmente archiviato. Anche la Cassazione respinse il ricorso della famiglia.

I parenti di Stella nel frattempo avevano sporto altre due denunce: una per la morte di Andrea, il bimbo, e una per una presunta falsificazione delle cartelle cliniche, nelle quali nulla emerge delle complicazioni oggetto dell’animata discussione registrata fuori dalla Ginecologia. «Perché nessuno in Procura ha mai voluto sentirmi? – si chiede il marito, che ora ha intrapreso pure la battaglia civile – Io non voglio dare colpe, voglio solo sapere. E’ evidente che qualcosa è andato storto ma nessuno intende andare a fondo». Così l’avvocato Giatti ha bussato alla Procura generale sollecitando la ripresa di entrambi i fascicoli. Per la morte del piccolo è stato iscritto al registro degli indagati il ginecologo di guardia la notte del 24 giugno 2014. «In tempi record è già arrivata una richiesta di archiviazione - conclude – Ma noi ci siamo opposti».