Mantova, i fiori di loto per disinquinare le acque dei laghi

Sperimentazione del Parco del Mincio con tre università (Trento, Parma e Insubria)

Fiori di loto

Fiori di loto

Mantova, 27 luglio 2020 -  I fiori di loto, da infestanti diventano un 'ingrediente' salvare le acque del Mincio. Infatti, le due maggiori riserve naturali del Mincio a Nord e a Sud di Mantova, le Valli e la Vallazza, pagano un tributo elevato causato dalle attività antropiche del presente e del passato: nelle Valli l’eccessiva presenza di nutrienti alimentano un costante aumento di macrofite (fiori di loto e Ludwigia grandilflora) e soffrono per l’accumulo del carico organico e dell’interramento; in Vallazza la presenza dei metalli pesanti originati dal vicino petrolchimico dismesso resta un problema aperto.

Ma le due criticità possono reciprocamente azzerarsi. E’ questo l’obiettivo al quale punta l’idea progettuale candidata dal Parco del Mincio a un bando LIFE, idea che mette in campo una soluzione, attraverso la raccolta e riutilizzo della biomassa per creare mediante trattamento termico delle biomasse fresche un materiale assorbente, l’Hydrochar, in grado di immobilizzare i metalli. Si tratta quindi di un percorso di ecologia circolare, in cui l’eccesso di biomassa genera materiale disinquinante e possibilmente una microeconomia basata sull’impiego di questo materiale in altri siti contaminati. La rimozione della biomassa, che è onerosa per l’Ente Parco, sarebbe supportata da un meccanismo economico e migliorerebbe lo stato ambientale delle Valli.

“Il caso di Mantova è stato studiato da tre istituti universitari che assieme all’ente hanno messo a punto questa soluzione – spiega Maurizio Pellizzer, presidente dell’ente Parco – con la quale Mantova diventerebbe città promotrice di un nuovo concetto di ecologia (e quindi economia) circolare trasversale perché il ciclo individuato ottimizza i benefici del riciclo della biomassa in eccesso per andare a riparare gli ecosistemi acquatici contaminati. La materia vegetale che oggi viene inutilizzata e che a sua volta è concausa di eutrofizzazione sul lago Superiore, verrebbe invece valorizzata per risolvere un grave problema ambientale che colpisce l’ecosistema del lago Inferiore”.

La tecnica sperimentata prevede che la biomassa rimossa venga trasformata mediante trattamento termico in Hydrochar, un materiale in grado di assorbire e immobilizzare i contaminanti o di favorirne la degradazione. Fiori di loto e le altre specie invasive potrebbero perciò venire raccolte e conferite a un impianto che dispone di un reattore HTC (di carbonizzazione idrotermale): in un’ora di trattamento e con un successivo processo di disidratazione viene creato un materiale assorbente , l’hydrochar, un materiale ecologico utilizzabile per la bonifica ambientale che si prevede di “iniettare” nei sedimenti contaminati della Vallazza.

Il progetto vede il Parco del Mincio nel ruolo di coordinatore e coinvolgerà le università di Trento (modellistica, supervisione produzione hydrochar e monitoraggio risultati su Vallazza), di Parma (che collaborerà con il Parco nella gestione della raccolta delle biomassa e nel ripristino della vegetazione autoctona ed effettuerà le analisi dei contaminanti pre e post trattamento), dell’Insubria (per la gestione del progetto e per lo sviluppo di un modello esportabile) e coinvolge una società specializzata bella bonifica ambientale, che svilupperà l’iniettore della sospensione di hydrochar ed eseguirà la sua iniezione in Vallazza.