Milano, 28 gennaio 2014 - L’ispirazione l’hanno data mulini e opifici che per secoli hanno messo in moto l’economia della Pianura padana: rogge e canali potevano tornare a essere una fonte di energia. Ed è qui che i rabdomanti dell’idroelettrico, esaurita la disponibilità dei corsi d’acqua in montagna (i pochi non ancora occupati da impianti sono strenuamente difesi dai comitati ambientali), hanno trovato una nuova vena aurifera. Le cascatelle dei canali di irrigazione, salti di 4-6 metri, sono diventate l’Eldorado del mini-idroelettrico.

Si tratta di impianti dai 10 megawatt in giù, remunerati da incentivi statali da 257 a 96 euro per megawatt/ora a seconda della taglia (dati Politecnico di Milano). Una partita che sempre più spesso giocano i consorzi di bonifica, enti pubblici economici istituiti dalla Regione per la gestione delle attività di irrigazione nei comprensori agricoli.

«Avendo già la concessione per le acque, si sono trovati con una miniera d’oro tra le mani», spiega Giancarlo Giudici, docente del Politecnico ed esperto di mini-idroelettrico. Così le province di Lodi, Pavia, Cremona e Mantova — la “Bassa”, per intedersi — hanno iniziato a fare concorrenza alle tre regine dell’idroelettrico lombardo: Brescia (125 impianti), Sondrio e Bergamo (entrambe con 93). Queste ultime contano per circa la metà delle oltre 420 centraline lombarde (altre 500 sono in autorizzazione) e il solo mini-idro bresciano arriva a 71 megawatt/ora di produzione.

Ma la pianura è in rimonta. Partiamo da ovest, dal Pavese. Qua opera il consorzio interregionale Est Sesia, testa in Piemonte, a Novara, braccia anche in Lombardia. «Siamo stati tra i primi a credere nel recupero degli impianti», osserva il direttore Fulvio Bollini. Con 40 centraline attive, sei in costruzione, dieci previste per il biennio 2014-15 e 17 in fase autorizzativa, oggi il consorzio produce circa 130 milioni di kilowattora all’anno. Remunerati, a seconda della taglia, fino a 26 centesimi per kilowatt. Inoltre, il consorzio è entrato nell’azionariato della Frendy Energy, spa quotata e specializzata in energie verdi, con una partecipazione del 4,14%.

Il Lodigiano è il feudo del consorzio della Muzza, già sei mini-impianti in portafoglio per ottanta milioni di kilowattora prodotti ogni anno. «Soddisfano i consumi di ventimila famiglie — spiega il direttore Ettore Fanfani —. Ora ne stiamo progettando altre sei e già stiamo pensando al micro-idroelettrico». Il Consorzio Villoresi sta lavorando con Enel Green power per un impianto da un mega alla diga di Panperduto, dove ha origine il canale. In autonomia invece — spiega il responsabile di progetto Davide Bavera — il consorzio realizzerà quattro piccole centrali a Monza.

Anche i Comuni sono della partita. «Il secondo ambito di sviluppo del mini-idro — aggiunge Giudici — sono gli acquedotti», che per i municipi possono diventare così fonti di reddito. Costa in media mezzo milione di euro un impianto di idroelettrico taglia small.

Secondo stime del Politecnico, con una potenza poco inferiore a un mega e disponibile per l’80% del tempo, si generano 1,5 milioni di euro all’anno di ricavi e tra i tre e i sette anni si rientra dell’investimento. Salvo gelate o siccità, «l’idroelettrico è sempre in funzione — spiega Giudici — rispetto a solare ed eolico. Inoltre un impianto ha una vita media di 30-40 anni, contro i dieci dei pannelli».

luca.zorloni@ilgiorno.net

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