Milano, 23 gennaio 2014 - Che cos’è il bullismo sessuale? Come viene percepito dagli adolescenti? Quali ne sono le cause? A queste domande cerca di rispondere il progetto Asbae, presentato ieri in Regione Lombardia, che coinvolge 240 giovani tra i 13 e 18 anni, in 5 nazioni, guidati da 40 operatori. Asbae (Addressing sexual bullying across Europe). Uno studio finanziato dalla Commissione europea e condotto da cinque ong di Paesi diversi Italia, Bulgaria, Regno Unito, Lettonia e Slovenia. L’obiettivo è costruire una mappa del fenomeno, secondo la percezione che ne hanno i ragazzi, individuando con loro le modalità per fermarlo utilizzando linguaggi e strumenti idonei. Nella definizione di bullismo sessuale rientrano umiliazioni, offese verbali, comportamenti violenti e in genere vessazioni. «Molti ragazzi pensano che il bullismo sessuale sia lo stupro, ma in realtà è tutto quello che avviene prima», spiega Ivano Zoppi, presidente di Pepita Onlus, l’organizzazione che si è occupata del progetto in Italia.

Un ruolo crescente lo stanno assumendo le nuove tecnologie, infatti «il 65% dei casi avviene sui social network», ha detto Zoppi, e ad esempio «anche se Facebook pone un limite di età a 13 anni per iscriversi, l’80% degli intervistati ha creato un profilo tra i 10 e 12 anni e oltre il 40% ha chattato almeno una volta con uno sconosciuto». Dopo lo studio, il progetto porterà alla produzione di materiali per genitori, insegnanti ed educatori al fine di aiutare a comprendere il fenomeno. Le prime ricerche hanno visto emergere alcune considerazioni abbastanza nitide: anzitutto, i ragazzi hanno scarsa consapevolezza del fenomeno. Lo identificano con lo stupro, l’abuso sessuale, la molestia, e quando lo percepiscono lo ritengono troppo spesso una bravata, uno scherzo.

Il diffondersi delle nuove tecnologie sempre più sofisticate e a prezzi sostenibili ha accelerato l’evolversi del fenomeno, tanto che i ragazzi non comprendono il confine tra pubblico e privato. Nel web si osa di più e molti ragazzi non sanno che ogni immagine postata, per esempio quella di una ragazza nuda, rimane per sempre e per sempre la loro reputazione potrebbe essere compromessa.
In questo senso, proprio le ragazze subiscono maggiori pressioni, sono più frequentemente vittime e la causa ricade sul loro modo di vestire. Dal punto di vista della vittima, una delle cause più frequenti che generano episodi di bullismo sessuale è legata in tutti i Paesi all’aspetto fisico, al modo di apparire, e talvolta si esplicita nella molestia. L’atto di bullismo maggiormente riconosciuto e perpetrato è l’attribuire appellativi offensivi a un coetaneo e diffondere pettegolezzi sulla sua reputazione sia nella quotidianità che attraverso i social network. Benché sia emersa una resistenza da parte dei giovani a raccontarsi, i focus group hanno messo in luce i diversi aspetti del fenomeno e tutti i ragazzi sono risultati al termine più consapevoli. 

Con il loro aiuto sono stati comunque individuati alcuni punti per impostare una strategia di prevenzione, come spiegare ai ragazzi che non parlare o non denunciare potrebbe peggiorare le cose. O che parlare ai genitori è possibile e risulta di grande aiuto. I dati emersi sono comunque inquietanti: oltre il 75% degli adolescenti non sa che cosa sia il bullismo sessuale, il 60% ha più chiaro quando commette un atto di questo tipo che non quando lo subisce e le vittime di questi approcci sono per lo più ragazze. Inoltre il 70% ha difficoltà a raccontare le esperienze sessuali, per l’80% aspetto fisico e abbigliamento li rendono insoddisfatti nelle relazioni con i coetanei, la stessa percentuale si sente più coraggiosa nell’esprimersi su Internet. All’incontro era presente, per Regione Lombardia, la consigliera per le pari opportunità, Carolina Pellegrini.

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