Violenze sulle donne, più casi “ad alto rischio” nel Lodigiano

Preoccupa il calo delle denunce. "Non c’è certezza della pena"

Le responsabili della struttura. Da sinistra Laura Servidati e Marta Ferrari

Le responsabili della struttura. Da sinistra Laura Servidati e Marta Ferrari

Lodi, 12 febbraio 2019 - "Nel 2018 abbiamo avuto 25 casi “ad alto rischio” di violenza rispetto ai 12 dell’anno precedente. E abbiamo preso in carico 185 donne, anche queste in aumento rispetto alle 161 del 2017 (erano 66 nel 2012, ndr), di cui il 72% con figli (154, di cui 117 minori, tutti vittime di violenza assistita, ndr). Ma il dato più grave è il calo delle denunce, effettuato dal 24% delle vittime contro il 48% del 2017. La violenza è sempre da denunciare, ma molte rinunciano perché il percorso è lungo e non c’è certezza della pena". Marta Ferrari, psicologa responsabile del centro antiviolenza “La metà di niente” (331/3495221), che ha sede a Lodi ma ha sportelli anche a Casale, Sant’Angelo e Codogno, sottolinea ciò che è emerso giovedì, alla riunione della rete “Amati”, in cui sono stati analizzati i dati complessivi del 2018.

"Le donne portano avanti le separazioni, ma evitano le denunce perché consapevoli della “rivittimizzazione” che avviene durante il processo, che sanno essere lungo e faticoso. Come rete lavoreremo dunque per sensibilizzare su questo tema e per riuscire ad avere, oltre ai nostri, i dati raccolti da ospedali, servizi sociali, procura". Un’ulteriore novità è che, se già nel 2017 c’erano state le prime 10 denunce da parte di arabe, quest’anno i casi di vittime provenienti da paesi africani e sudamericani sono in crescita: le italiane scendono dal 70 al 67%, le extra Ue salgono dal 16 al 23%. In calo, dal 27 al 21%, anche le vittime residenti a Lodi: "In particolare è a Codogno che si presentano 6/7 nuovi casi a settimana" aggiunge Ferrari.

Stabili gli altri dati: le donne sono colpite maggiormente tra i 28 e i 47 anni (57%); in aumento diplomate (sono il 71%), lavoratrici (le disoccupate calano dal 37 al 33%) e donne che si rivolgono al centro entro i primi 5 anni di maltrattamento (53%), mentre hanno una relazione in corso con il compagno o marito violento (70%). Quest’ultimo è italiano nel 77% dei casi, lavoratore (71%) e nel 63% dei casi non ha problemi di alcolismo, tossicodipenza o penali. Delle 25 vittime ad alto rischio, 8 sono state collocate in strutture protette, 17 sono state allontanate dall’abitazione col supporto di parenti o amici. Nel 2018, 70 le consulenze legali fornite, 30 i procedimenti in corso (di cui 16 penali), 11 i processi in cui le terapeute sono state chiamate a testimoniare; 27 le chiamate diurne per consulenze immediate in pronto soccorso, 25 le notturne, con reperibilità telefonica. Oltre a fare prevenzione nelle scuole a 2600 studenti, il Centro ha aiutato le vittime con 15 borse lavoro e pagando 56 mensilità di affitti.