Trovato morto sulle rive dell’Adda. Tutti i dubbi in un dossier per il gip

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Per la famiglia non ci sono dubbi: Giorgio Medaglia prima di morire aveva incontrato qualcuno. Il caso del 34enne di Lodi, uscito di casa da solo in motorino la sera di domenica 28 giugno 2020 e ritrovato senza vita nel fiume Adda a Cavenago il 3 luglio successivo, resta ancora aperto solo grazie alla tenacia della madre Ombretta Meriggi. La donna, assistita dall’avvocato Lorenza Cauzzi, ha formalmente depositato l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione delle indagini della Procura di Lodi. Ora la vicenda verrà discussa davanti al gip di Lodi. La famiglia Medaglia è pronta a presentare un dossier composto da una decina di pagine per spiegare al giudice i tanti dubbi. In quasi un anno di indagini, la Procura lodigiana ha indagato a 360 gradi senza però arrivare a elementi utili in grado di inchiodare un presunto colpevole della morte del 34enne.

Per la famiglia invece sono tanti i quesiti che meritano risposta. A partire da chi ha portato lo scooter bianco di Medaglia nella notte della sua scomparsa in viale Aosta, poco distante dalla riva del fiume- Un testimone sostiene di aver visto un ragazzino con la maglietta bianca e fisico esile. Che non possa essere stato Giorgio a parcheggiare lì il suo scooter lo dicono anche i cani molecolari usati dagli inquirenti. Poi c’è il mistero dei vestiti del 34enne, trovato nel fiume con addosso dei pantaloncini rossi da ginnastica, mentre quella sera era uscito con i pantaloncini di jeans. E resta il motivo delle tracce di alcol riscontrate nell’organismo del 34enne ("che non beveva mai, solo acqua e succo alla pera", ha sempre sostenuto la madre Ombretta). Troppi elementi che secondo la famiglia meritano una risposta. Carlo D’Elia