Tavazzano, omicidio Dipaola: il movente non convince

La pista passionale non è più l’unica seguita dai pm

La vittima dell'omicidio, Amato Dipaola

La vittima dell'omicidio, Amato Dipaola

Tavazzano (Lodi), 29 agosto 2019 - Nella telecamera il film del delitto. A inchiodare l’omicida Sebastian Ganci, 40 anni, guardia giurata originaria di Cerignola, ma residente da anni in una palazzina popolare in via Di Vittorio a Tavazzano, sono state le immagini registrate dalla sua telecamere installata all’interno dell’abitazione. La procura di Lodi, grazie a una consulenza, è riuscita a entrare in possesso dei brutali fotogrammi dell’esecuzione di Amato Dipaola, il 29enne, cugino di Ganci, ucciso all’alba dell’11 agosto per un raptus di gelosia.

Gli inquirenti hanno chiesto anche l’acquisizione dei tabulati telefonici, il tutto al fine di approfondire le indagini e quindi poter valutare un eventuale altro movente alternativo a quello al momento ipotizzato. Dipaola è stato ucciso con 5 colpi di pistola all’interno dell’appartamento di Ganci: il vigilante ha confessato d’aver sparato per gelosia nei confronti di una 17enne romena. L’indagato avrebbe sparato dopo che Dipaola avrebbe detto: «A me di lei non interessa niente, la voglio solo portare a letto».

La Procura di Lodi però vuole verificare l’attendibilità di versione e moventi indicati dall’indiziato: da qui la consulenza sulle immagini della telecamera di sorveglianza istallata nella casa del Ganci e sul traffico telefonico di indagato e vittima. Inoltre anche rispetto a quanto dichiarato dalla ragazza, unica testimone del delitto, è in corso una verifica per comprendere se tra la vittima e l’omicida vi siano stati altri tipi di contatto, anche esterni a quelli nelle mura domestiche. Proprio la 17enne avrebbe confermato di essere stata la causa del litigio e di esser stata presente all’accaduto.

Seppure tra Ganci e la minore vi era un’amicizia speciale pronta ad evolversi in una relazione, che il cugino arrivato appena un giorno prima del delitto dalla Puglia stava mettendo in pericolo, gli inquirenti sembrano non accontentarsi, al momento, del movente passionale. Per l’indagato è stato confermato l’arresto e dopo l’autopsia, compiuta nei giorni scorsi, ha preso corpo la tesi della chiara intenzione di uccidere. Inoltre sono state disposte ed effettuate le analisi sull’indagato per verificare se fosse sotto effetto di alcool o stupefacenti, cosa che potrebbe rappresentare una ulteriore aggravante. «Sono stati cinque i colpi di pistola, tutti in punti vitali che hanno ucciso Dipaola - spiega l’avvocato della parte offesa Antonio Merlicco -. Quella di Ganci è stata una vera e propria esecuzione. La famiglia Dipaola ora chiede giustizia. Chiediamo di capire anche il movente del delitto, perché non è detto che sia quello raccontato dall’indagato». Infatti la famiglia della vittima ha fatto sapere, sempre per bocca del legale, che si costituirà parte civile nel processo.