I tatuaggi del campione in divisa: "Tutti i poliziotti siano uguali"

Arianna Virgolino è stata licenziata per una corona e un cuore (rimossi) sulla pelle: "La norma va modificata"

Arianna Virgolino (nel riquadro Marcell Jacobs)

Arianna Virgolino (nel riquadro Marcell Jacobs)

Guardamiglio (Lodi) - Un anno fa aveva deciso di rendere pubblica la sua vicenda. Di quel tatuaggio, rimosso con diverse sedute di laser, ma che era stato definito un "nocumento all’immagine della Polizia di Stato". Una semplice coroncina, tatuata a 18 anni, ben prima del concorso del 2018, che era stata valutata da una sentenza del Consiglio di Stato come un danno d’immagine molto grave. Arianna Virgolino, 32 anni, madre di un bambino di 9 anni, di Peschiera sul Garda in provincia di Verona, ex agente della Stradale di Guardamiglio nel Lodigiano, dove ha prestato per qualche mese servizio e con ottimi risultati, nella sua mente ripercorre più volte le tappe degli ultimi tre anni della sua vita. A partire dal concorso superato nel 2018, al momento del secondo accertamento medico (quando viene esclusa per la cicatrice sul polso), al suo ricorso vinto al Tar e al suo ingresso alla Stradale di Guardamiglio. Fino al 7 novembre 2019 quando, poche ore dopo aver ricevuto il premio del prefetto di Lodi Marcello Cardona (per aver sedato una violenta rissa a Casalpusterlengo mentre era fuori servizio), arriva la sentenza del Consiglio di Stato che la esclude proprio per quel vecchio tatuaggio. Da quel momento inizia la sua battaglia per riprendersi la propria vita.

Arianna Virgolino, è  passato un anno da quando ha deciso di parlare pubblicamente della sua storia. A che punto è la sua battaglia? "Nell’ultimo anno ho continuato a portare avanti la mia battaglia. Non lo faccio solo per me. Ho conosciuto tante persone che sono vittime, come me, di quello che possiamo definire senza dubbio errore giudiziario".

Com’è oggi la sua vita? "Ho trovato un lavoro, ma non è stato semplice. All’inizio tante aziende non si fidavano, non capivano le motivazioni del mio licenziamento dalla Polizia. Chiedevano chiarimenti. Ho dovuto portare con me articoli di giornale e sentenze per spiegare la mia buona fede. Alla fine ho trovato un lavoro stagionale in un bar della piscina. Ma è solo una parentesi per poter andare avanti e aiutare il mio compagno a mantenere la famiglia".

Il suo sogno è di ritornare in servizio? "Assolutamente sì. Sarei disposta ad andare anche lontano da casa. Ogni soluzione sarebbe perfetta pur di riavere la mia divisa addosso. Quella che ho sempre sognato e che mi hanno strappato ingiustamente. La mia vita è cambiata per sempre. Ma continuo a vedere poliziotti tatuati in ogni reparto della Polizia di Stato. Non capisco".

A cosa si riferisce? "Per esempio al campione olimpico dei 100 metri Marcell Jacobs. Lui è un poliziotto, ormai simbolo del Corpo dopo il successo a Tokyo. Eppure ha numerosi tatuaggi, tutti evidenti. E io sono stata definita un danno all’immagine della Polizia di Stato per un tatuaggio rimosso con il laser. Stento a capire. Vorrei che si facesse portavoce della nostra battaglia".

Si sente vittima di un’ingiustizia? "Sì, è chiaro che la normativa è anacronistica. Farò di tutto per cercare di farla abolire. A mio avviso, non è un tatuaggio a compromettere l’operato dell’agente o il decoro della divisa".

Qual è la sua speranza? "Spero che la politica si interessi alla questione. Il Ministero degli interni può modificare il regolamento, rivedere le norme o quantomeno chiarirle. Qualcosa è stato fatto con Il Movimento 5 stelle. Ma è troppo poco ancora. Se servisse, sono pronta ad arrivare in Europa e a far ricorso alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Mi devono dare una risposta chiara".