Droga, profughi diventati pusher a Lodi: "Aspetto da monitorare"

"Le cooperative fanno quello che devono in base al contratto sottoscritto con la prefettura"

Il tenente colonnello Vittorio Carrara comanda i carabinieri lodigiani dall’ottobre del 2016 (Cavalleri)

Il tenente colonnello Vittorio Carrara comanda i carabinieri lodigiani dall’ottobre del 2016 (Cavalleri)

Lodi, 13 settembre 2017 - I richiedenti asilo entrano nel giro dello spaccio. Suona un campanello d’allarme nel Lodigiano, dopo le ultime operazioni condotte dai carabinieri nel parco di via Fascetti, a due passi dalla stazione ferroviaria. In pochi giorni infatti sono stati intercettati due giovani, originari del Gambia, sorpresi a vendere droga a giovanissimi: prima un17enne e l’altro giorno un 23enne. Entrambi profughi che hanno riferito di essere in fuga dalle guerre. E anche la polizia, a metà luglio, aveva denunciato un altro gambiese di 34 anni anche lui accolto in una struttura di San Martino in Strada perchè trovato in possesso di una decina di grammi di canapa indiana. 

"L'attività di spaccio nel Lodigiano è consolidata da decenni ed è in mano sostanzialmente a egiziani e magrebini – riflette il tenente colonnello Vittorio Carrara, alla guida dei carabinieri lodigiani dall’ottobre 2016 –. C’è questo dato nuovo del coinvolgimento anche di richiedenti asilo che risultano domiciliati nelle strutture di accoglienza, è indubbiamente un segnale da cogliere". Sono oltre mille i profughi ospitati nel territorio. Qualcuno è convinto che alcuni di loro vengano utilizzati “in nero” per i lavori nei campi. Ma finora non c’è stato nessun caso accertato. Altri vengono reclutati per la questua. «Di certo – prosegue il tenente colonnello – c’è chi si approfitta della loro condizione e gli offre l’opportunità di guadagnare qualche soldo con attività illecite. Nonostante loro, in teoria, non abbiano bisogno di nulla e il nostro Stato si preoccupi di garantire loro tutto il necessario per vivere. Dall’altra parte incontra una predisposizione, da parte di alcuni soggetti, alla disonestà. Molto probabilmente l’ingresso nel giro dello spaccio nasce da incontri tra connazionali già inseriti nell’attività".

E a chi pensa che qualche colpa ce l’abbiano anche le cooperative a cui sono affidati, il colonnello ribatte sottolineando che "le cooperative fanno quello che devono in base al contratto sottoscritto con la prefettura. Tutto quello che avviene negli orari di libera uscita dei profughi non è loro addebitabile. Sarebbe impensabile una sorveglianza continua per 24 ore su 24. Diverso sarebbe se lo spaccio avvenisse all’interno delle strutture ospitanti". "In questi ultimi giorni abbiamo intensificato il controllo nei parchi e nelle aree verdi pubbliche - conclude il tenente colonnello Carrara –. Continueremo a farlo anche nei prossimi mesi".