Lodi, fuga dagli ospedali di trincea: in servizio un medico pensionato / LA MAPPA

Il dottore reclutato dal Pronto soccorso. Nuove assunzioni, ma i numeri non coprono le necessità

Annalisa Malara

Annalisa Malara

Lodi, 26 febbraio 2021 - Da una settimana un medico, esperto nella gestione delle emergenze, in pensione da più di un anno, è tornato a dare una mano al Pronto soccorso di Lodi. "Solo poche ore a settimana", assicurano dall’interno, tutte trascorse nell’unità di osservazione breve intensiva, dove vengono gestiti casi con malattie che non necessitano di ricovero immediato. Un segnale però che ai sindacati Fisi e Confsal non è passato inosservato.

Sono mesi infatti che continua la grande fuga di medici e infermieri dagli ospedali di Lodi, Codogno, Casalpusterlengo e Sant’Angelo Lodigiano. Le richieste di trasferimento sono in gran parte verso altre strutture ospedaliere in Lombardia oppure verso Piacenza. Circa una trentina i medici che hanno detto addio al Lodigiano solo negli ultimi mesi. Tra questi ci sono anche tanti protagonisti della prima ondata dell’emergenza sanitaria. Come Annalisa Malara, 38 anni, l’anestesista che insieme al medico Laura Ricevuti ha diagnosticato il 20 febbraio 2020 all’ospedale di Codogno il primo caso di coronavirus in Italia, e che dal 16 febbraio è passata al San Matteo di Pavia, oppure l’ex primario della rianimazione di Lodi, Enrico Storti. Tanti addii, ma le assunzioni non decollano.

L’Azienda non ha mai nascosto le difficoltà per rimpiazzare il personale uscente. Al momento nei reparti mancherebbero più di 30 infermieri, 46 medici e una decina di Oss. Una situazione "grave", secondo il segretario del sindacato Fisi, Gianfranco Bignamini, che parla di decine di infermieri che hanno scelto di licenziarsi negli ultimi anni per spostarsi in altri ospedali vicinissimi a quelli lodigiani, come Piacenza e Cremona, perchè "esasperati dai turni pressanti, riposi saltati e dai problemi economici". "Sono problemi che esistono da anni, ben prima dell’emergenza sanitaria – spiegano i sindacalisti Gianfranco Bignamini e Stefano Lazzarini –. Il personale sanitario scappa dal Lodigiano perché non esiste un’organizzazione seria, perché fanno turni insopportabili e perché devono saltare ferie e riposi". A lasciare il Lodigiano nei mesi scorsi, alla fine della prima ondata, era stati anche tutta la governance dell’Asst di Lodi, la prima in Italia ad affrontare la lotta al Covid. Si tratta della dirigenza aziendale che nei giorni dell’esplosione dei casi nel Lodigiano, tra febbraio e marzo 2020, è stata costretta a stravolgere l’attività negli ospedali, dovendo fare anche scelte dolorose, come la chiusura momentanea del pronto soccorso di Codogno e dell’ospedale di Casalpusterlengo.

Oggi i protagonisti di tutte queste scelte, per scelta della Regione, non ricoprono più ruoli all’interno dell’Asst di Lodi: a partire dal direttore generale Massimo Lombardo che dal 18 giugno scorso (dopo appena un anno e mezzo) è passato a guidare gli Spedali Civili di Brescia. Al suo posto è stato nominato Salvatore Gioia, 53 anni, ex direttore amministrativo dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano.