Omicidio di Pordenone, i genitori di Teresa: "Giustizia per nostra figlia"

Ieri le ultime arringhe, l’1 marzo la sentenza sul duplice omicidio

Teresa Costanza e Trifone Ragone

Teresa Costanza e Trifone Ragone

Zelo Buon Persico (Lodi), 9 febbraio 2019 - La sentenza di secondo grado è attesa l’1 marzo. Una data attesa con ansia da Rosario Costanza, il padre di Teresa, la trentenne di Zelo Buon Persico uccisa con una serie di colpi di pistola nel parcheggio del palasport di Pordenone la sera del 17 marzo 2015 insieme al fidanzato, il militare pugliese Trifone Ragone.  Lui, che non ha mai avuto dubbi sulla colpevolezza di Giosuè Ruotolo, 29 anni, chiede solo la conferma della condanna di primo grado all’ergastolo decisa dalla Corte d’Assise di Udine a novembre 2017. E lo ha ribadito ieri, tramite i suoi avvocati, durante le battute finali del processo in Corte d’Assise d’Appello a Trieste.

Gli avvocati di Ruotolo però continuano a mettere in dubbio la ricostruzione dell’accusa. «Non ci sono dubbi che sia stato Ruotolo a uccidere la nostra Teresa -  spiega Rosario Costanza -. Gli avvocati dell’imputato stanno facendo il loro lavoro. Cercano di aggrapparsi a qualsiasi cosa. Per noi è lui il colpevole».

Per la procura, che ha chiesto la conferma dell’ergastolo per l’imputato, Ruotolo aveva ucciso in un clima di odio e sete di vendetta maturato nei confronti di Teresa e Trifone. Qualche mese prima del duplice omicidio, Giosuè aveva creato il falso profilo Facebook ‘Anonimo Anonimo’, attraverso il quale fingeva di essere una donna, amante di Trifone, che insidiava con ogni tipo di ingiuria Teresa Costanza per indurla a lasciare Ragone.

Durante un chiarimento tra i due ex commilitoni, Trifone aveva picchiato Ruotolo e lo aveva minacciato di denuncia. Intimidazione che per l’accusa aveva preoccupato molto l’imputato, che temeva che una querela avrebbe compromesso per sempre la sua carriera nella Guardia di finanza. Di questi fatti, secondo l’accusa, era perfettamente a conoscenza anche Mariarosaria Patrone, 26 anni, ex fidanzata dell’imputato. La ragazza avrebbe aiutato il fidanzato a eludere le indagini chiedendo alle amiche di Somma Vesuviana (Napoli) di tacere su quello che la Corte nel processo a Ruotolo ha definito il "fulcro del movente": le molestie su Facebook di Ruotolo alla coppia. Le ipotesi di favoreggiamento sono legate anche alla cancellazione di alcuni messaggi scambiati con Ruotolo. L’accusa di rivelazioni false ai pm riguarda invece il 23 settembre 2015, quando la donna era stata sentita a sommarie informazioni testimoniali nella caserma dei carabinieri di Pordenone e aveva affermato che tra Trifone e Giosuè non c’era mai stato alcun attrito. «Seguiremo anche questo processo  - anticipa Rosario Costanza -. Siamo convinti che la ragazza abbia delle responsabilità in questa tragedia. Il processo inizierà a breve, ma rischia di finire in prescrizione. Siamo amareggiati per questa cosa».