Lodi, omicidio D'Amico: libero di uccidere per un cavillo

Antonia massacrata dall’uomo che aveva denunciato per violenza. Uscito dal Cie grazie a un ricorso, ecco i documenti che lo provano

Rocco Mazza con una foto della madre (Cavalleri)

Rocco Mazza con una foto della madre (Cavalleri)

Lodi, 14 giugno 2018 - A liberarlo era stato un cavillo giudiziario. E ora ci sono le prove. Moussad Hassane, 40 anni, egiziano, è irregolare in Italia dal 2005. Dal 18 maggio 2015 si trova in carcere a Lodi per aver ucciso a coltellate la ex Antonia D’Amico (da molti conosciuta come Antonella), la lodigiana di 54 anni che il 16 maggio 2015 fu trovata senza vita nel suo appartamento in centro. Massacrata da un uomo straniero appena lasciato libero dal Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Bari Palese.

Hassane, infatti, fino a pochi giorni prima si trovava in Puglia dove era in attesa di essere imbarcato per l’Egitto in seguito alla denuncia per lesioni firmata proprio dalla donna. Un’espulsione decretata il 16 aprile 2015 dal prefetto di Lodi e che non è mai avvenuta. La Questura di Lodi, il 17 aprile 2015, non aveva potuto eseguire con immediatezza l’espulsione con accompagnamento alla frontiera, poiché non era «immediatamente disponibile idoneo vettore» e l’uomo non era «in possesso di passaporto». Per questo gli uffici di polizia avevano disposto che lo straniero fosse trattenuto nel Cie di Bari «per il tempo strettamente necessario» prima di procedere con il rimpatrio. Hassane, però, che dal 2013 continuava a chiedere protezione internazionale, a marzo 2015 aveva presentato l’ennesimo ricorso, questa volta alla corte d’Appello di Bari (l’udienza era stata fissata a fine luglio 2015). E così, il 15 maggio 2015 il giudice del tribunale di Bari, che doveva decidere se rinnovare la sua permanenza al Cie, aveva dovuto rigettare l’istanza di proroga, liberando l’egiziano appena dopo 30 giorni di permanenza nel centro perché in attesa dell’udienza sull’istanza. Poche ore dopo, però, l’uomo aveva preso il treno e si era presentato a Lodi dalla sua ex per vendicarsi. Il giorno dopo aveva cercato di scappare, prendendo il primo aereo per Il Cairo, ma all’aeroporto di Fiumicino era stato fermato poco prima dell’imbarco.

«Dalle carte emergono fatti sconcertanti - dice il figlio minore di Antonella D’Amico, Rocco Mazza -. L’assassino di mia madre è stato liberato dal Cie di Bari per decorrenza dei termini. È una grande ingiustizia, perché è una morte che si sarebbe potuta evitare se quest’uomo fosse stato espulso subito. Valuterò come procedere quando la condanna diventerà definitiva. Intanto ho intenzione di scrivere una lettera al ministro dell’Interno Matteo Salvini». Sul fronte giudiziario, il caso non è ancora chiuso. Il 22 giugno scorso la corte d’Appello di Milano ha confermato anche in secondo grado (la prima sentenza è del 26 maggio 2016) la condanna a 30 anni per l’egiziano. Si attende la Cassazione il 4 luglio. «L’assassino di mia madre ha ottenuto un avvocato pagato dallo Stato - spiega il figlio della vittima -. Adesso andrà in Cassazione. Io invece non potrò permettermi di pagare un legale in grado di rappresentarmi in aula».