Omicidio D'Amico, il figlio di Antonella: "Lo Stato liberò il killer. E ora paghi"

Uccisa da uno straniero uscito dal Cie."Chiedo i danni"

Rocco Mazza con una foto della madre (Cavalleri)

Rocco Mazza con una foto della madre (Cavalleri)

Lodi, 22 marzo 2018 - Il corpo di sua madre privo di vita, completamente nudo, riverso sul letto con una profonda ferita al petto. Ha ancora quella tragica immagine negli occhi Rocco Mazza, 34 anni, figlio di Antonia D’Amico (da molti conosciuta come Antonella),  la donna di 54 anni che il 16 maggio 2015  fu trovata senza vita nel suo appartamento in corso Mazzini 76,  a Lodi.  Uccisa da un uomo straniero lasciato libero da un Cie. Tanto che ora, per quella decisione, suo figlio è pronto a chiedere i danni. «è inammissibile - dice -. Al Cie qualcosa non ha funzionato».

Il 22 giugno scorso la corte d’Appello di Milano ha confermato in secondo grado la condanna a 30 anni di carcere per Moussad Hassane, l’egiziano irregolare di 40 anni accusato di avere ucciso la D’Amico. Il killer aveva  agito sferrando tre coltellate con uno stiletto da 10 centimetri, due mortali dritte al petto. Antonella aveva tenuto nascosto ai figli la relazione, a tratti violenta, che aveva con l’egiziano. Hassane, infatti, fino a pochi giorni prima dell’omicidio, era al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bari, dove era in custodia in attesa di espulsione in seguito alla denuncia per maltrattament firmata proprio della D’Amico. Poi, a sorpresa, era stato liberato. Allora, per vendetta, l’egiziano aveva preso un treno diretto a Lodi, si era recato a casa della donna e dopo una breve discussione l’aveva uccisa. Poi, la fuga. L’arresto era avvenuto all’aeroporto di Fiumicino mentre si stava per imbarcare per tornare in Egitto. Nella mente dei familiari resta la disperazione di un omicidio che, forse, si sarebbe potuto evitare.

Signor Mazza, sono passati quasi tre anni dall’omicidio di sua madre. La vicenda è chiusa?

«No, continuerò a chiedere giustizia per mia madre. Lotterò fino alla fine per riuscire a chiudere questa tragedia. Chi ha ucciso mia madre deve marcire in carcere»

Come procederà adesso?

«Aspettiamo la decisione della Cassazione. Appena la sentenza diventerà definitiva valuteremo quali strade prendere per continuare questa vicenda. Sotto l’aspetto penale c’è ancora poco da dire. Restano aperte, invece, le questioni preliminari: come può essere stato liberato dal Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bari un criminale così pericoloso?».

Secondo lei è un omicidio che si sarebbe potuto evitare?

«Sì, certamente. Chiederemo i danni per quello che è successo. Al Cie qualcosa non ha funzionato. Quell’uomo è stato scarcerato dopo essere stato mandato lì in seguito a una denuncia di mia madre. Così lui ha preso il treno ed è venuto a Lodi per vendicarsi. Non è accettabile che possa accadere ancora una cosa del genere».

Vuole lanciare un appello?

«Lotterò per avere giustizia. Mia madre non è morta per caso. Lo faccio non solo per la mia famiglia, ma anche per tutte le donne che sono vittima di violenza. A loro chiedo di continuare a denunciare i loro carnefici. Non bisogna stare in silenzio>».