"Non dobbiamo dimenticare le lezioni imparate durante la pandemia"

Monito del parroco. L’Amministrazione ha fatto tappa alla stele regalata dal presidente Mattarella e poi al monumento di via Collodi

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"Le vicende della pandemia non siano solo un ricordo, una cronaca reiterata negli anniversari, ma una memoria sul senso della fase emergenziale, aperta, prospettica e costruttiva in un periodo epocale". Le parole del parroco, Monsignor Iginio Passerini risuonano nella chiesa parrocchiale di San Biagio, davanti alle massime autorità del territorio nel giorno in cui proprio qui a Codogno, due anni fa esatti, all’ospedale di viale Marconi veniva isolato, per la prima volta, il virus del Covid in un paziente. Allora, il centro storico era ancora animato di gente, tra lo stupore e la curiosità dopo che si era sparsa la notizia del primo caso, ma sarebbe stato ancora per poco: da lì a poche ore, infatti, la città sarebbe stata chiusa, insieme ad altri nove comuni, nella cosiddetta zona rossa per cercare di arginare un fenomeno che però, nei fatti, era già diventato pandemico. Negozi ed uffici sbarrati, libertà di movimento fortemente limitata: la realtà per i codognesi e per i residenti degli altri comuni (Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione d’Adda, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini) fu questa per i successivi drammatici giorni. Ieri mattina l’amministrazione comunale, con il sindaco Francesco Passerini in testa, ha dapprima fatto tappa al cimitero cittadino per commemorare tutte le vittime (furono oltre 150 solo nel mese di marzo del 2020, saliti a 242 in tre mesi), fermandosi davanti alla stele che ricorda la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, avvenuta il 2 giugno di due anni fa. Poi tutti al monumento ai caduti di via Collodi, inaugurato esattamente un anno fa, dove le autorità si sono soffermate di nuovo in silenzio per alcuni minuti. La santa messa successiva è stata un momento di preghiera e ricordo con la presenza delle rappresentanze di associazioni, forze dell’ordine, amministratori pubblici e delle istituzioni provinciali, Prefetto di Lodi Giuseppe Montella in primis. "La prova ci ha chiamato ad un nuovo cammino, mostrandoci un mondo malato, pieno di egoismo e cultura dello scarto- ha ribadito di nuovo Don Iginio durante l’omelia- Per fare memoria occorre fare appello anche alle risorse spirituali perché per superare i traumi è indispensabile, aprire orizzonti più ampi. Occorre non solo ciò che ci guarisce, ma ciò che ci salva. La vulnerabilità della pandemia ci ha portato ad ammettere la nostra fragilità, a ridimensionare la nostra onnipotenza e a convivere con il limite. La scienza ha sostenuto lotta al virus ma ci ha ricondotti a fare i conti con la nostra precarietà". Il sacerdote ha inoltre ricordato che "la baldanza viene sgominata da un minuscolo virus e di fronte al Covid non c’è sicurezza, tutto vacilla e questo insegna che la fragilità non è un tabù, ma luogo di beatitudine ed anche una risorsa. Il curvarsi verso l’umanità è uno stile da tenere sempre come modello da riscoprire: l’orizzonte non è il superuomo, ma il Dio solidale. La crisi ci ha fatto vedere che non ci si salva da soli, ma attraverso l’orizzonte del noi". M.B.