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di LAURA DE BENEDETTI
— CASALETTO CEREDANO —
CINQUANTAMILA forme all’anno, un terzo delle quali vendute all’estero. Sono i numeri che danno l’idea del successo del “Bella Lodi”, il formaggio lodigiano dalla tipica crosta nera ideato dall’Industria Casearia fratelli Pozzali col marchio “Lodigrana” nel ‘96 e divenuto in pochi anni un prodotto presentato e venduto attraverso le più prestigiose fiere grastronomiche mondiali.
Marco Montemezzani, responsabile del marketing, spiega cosa distingue il “Bella Lodi”, reperibile in gran parte della grande distribuzione, dal formaggio tipo grana diffuso nelle nostre zone. «Il Bella Lodi è prodotto ancora, secondo tradizione, con caldaia di rame, spinatura a mano (rottura della cagliata in piccoli grani, ndr) e affioramento naturale. Usiamo fermenti lattici che si “mangiano” il lattosio e dunque il prodotto è adatto anche per chi è intollerante al latte vaccino. Ma soprattutto dal gennaio 2010, grazie a una nostra ricerca iniziata 5 anni fa, produciamo il Bella Lodi senza conservanti. Dato che la stagionatura dura 18 mesi, non ci sono ancora sul mercato forme con questa peculiarità. Ma l’assenza di conservanti si può già rilevare nella raspadura “Bella Lodi” che ha stagionatura di solo 6 mesi. La raspadura ci distingue sul mercato perché è un classico prodotto lodigiano, non conosciuto altrove, ma che, con la sua sfoglia compatta, è gradita da adulti e bambini».

I FRATELLI POZZALI sono anche produttori (dagli anni ‘50) per il Consorzio di Tutela del Grana Padano: circa 30mila forme all’anno, 18 milioni di euro all’anno il fatturato dell’Industria Pozzali, compreso il Bella Lodi. Perché la ditta ha scelto di creare ‘Lodigrana’ per promuovere un prodotto? E il marchio “Lodigiano Terra Buona” della Provincia di Lodi? «L’Italia è il paese delle tipicità regionali, di campanile — risponde Montemezzani —: da qui la nascita dei vari consorzi tipici. È un po’ come il vino che viene da una stessa zona, mettendo insieme più produttori. Va bene, anche se si entra un po’ nell’anonimato. Ma se penso di fare un prodotto che si distingue, voglio che abbia un nome specifico, a garanzia del consumatore. Il proprietario di Lodigrana è lodigiano e ricorda ancora come veniva prodotto il granone, ricoperto di olio e fuliggine. Così si è dato un preciso disciplinare che comporta l’acquisto del latte solo da stalle certificate del centro Lombardia - soprattutto da Lodi, Cremona e Crema - dove le vacche sono alimentate con foraggi vegetali. Oggi per questioni di igiene non si può più usare la fuliggine ma abbiamo deciso di mantenere il colore nero della crosta».
E L’APERTURA ai mercati esteri può portare a un boom della contraffazione? «All’estero, Europa esclusa, il parmigiano è considerato più una tipologia di prodotto che un marchio. Così in Australia c’è il ‘parmesan’ e in Sudamerica il ‘parmesito’. Quando presentiamo il prodotto ci chiedono: è parmesan? Ci scontriamo un po’ con queste cose, ma ci riscattiamo con l’assaggio del Bella Lodi. Per esportare i nostri prodotti abbiamo ottenuto le più importanti certificazioni, tra cui Brc (British Retail Consortium) per l’area anglosassone e Ifs (International Food Standard) per quella tedesca. E le vendite sono in crescita: per questo l’anno scorso abbiamo ampliato il sito produttivo di Casaletto e dal gennaio 2008 lo stabilimento di Trescore Cremasco, dove avvengono stagionatura e confezionamento, funziona a energia solare grazie a 500 pannelli su un’area di 700 metri quadrati».