"La Procura si è arresa un anno fa ma non smetto di cercare mio padre"

Sant’Angelo, la figlia di Giuseppe Piscopo, scomparso in Nigeria nel 2009 di CARLO D'ELIA

Francesca Piscopo

Francesca Piscopo

Sant'Angelo Lodigiano (Lodi), 3 aprile 2016 - "Voglio la verità su mio padre. Non smetterò di lottare fino a quando non ci sarà una svolta in questa storia. Chi sa qualcosa si faccia vivo". Quello che Francesca Piscopo, 48 anni, sposata, con quattro figli, stringe tra le mani, con rabbia e determinazione, è il dossier che la Procura di Lodi le ha consegnato il 12 dicembre 2014 appena archiviate le indagini sulla scomparsa di suo padre, Giuseppe Piscopo, operaio e cuoco di Sant’Angelo Lodigiano di 65 anni, svanito nel nulla in Nigeria il 21 giugno del 2009.

In questi anni la famiglia ha continuato a lottare per scoprire la verità che si nasconde dietro la misteriosa scomparsa di Giuseppe. Francesca ha inviato lettere al ministero degli Esteri e persino al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricevendo rassicurazioni che sulla vicenda, a Roma, l’indagine è ancora aperta. Una lettera è stata spedita anche a papa Francesco, a fine marzo 2015, ma al momento non è ancora arrivata nessuna risposta. Giuseppe Piscopo, che oggi avrebbe 71 anni, nel 2005 trova lavoro alla ditta Poligof di Pieve Fissiraga, dopo aver deciso di spostarsi insieme alla moglie Antonietta Silvestro da Napoli a Sant’Angelo Lodigiano con la famiglia per assecondare il sogno del figlio più piccolo di sfondare nel mondo del pallone.

Lavora per anni come cuoco, poi è costretto a cambiare professione per tirare avanti. In poco tempo stringe qualche amicizia. Tra loro anche Carolina Akpan, una ragazza nigeriana, di 38 anni, madre di un bimbo di 7 anni, residente a Sordio, ma con numerosi parenti nel quartiere Pilota di Sant’Angelo. Decide così di partire per Lagos, in Nigeria, insieme ad una comitiva di nigeriani, tra cui la Akpan. Da quel giorno nessuno ha avuto più sue notizie. La Akpan torna in Italia il 19 luglio 2009 così come previsto, Giuseppe no. La denuncia della famiglia di Piscopo viene presentata in caserma solo a settembre. La Procura di Lodi apre un fascicolo. I carabinieri interrogano la Akpan. Dopo poche settimane anche lei sparisce dal Lodigiano e da quel momento ha fatto perdere le sue tracce. Anche l’Interpol esclude che possa essere rientrato in Italia, in compenso dal suo conto sono stati fatti numerosi prelievi, due da 500 euro, uno da 100 euro e l’ultimo, nel settembre del 2009, da 200 euro. Nel marzo del 2012 è l’ex procuratore capo Vincenzo Russo ad avere pronto un mandato di cattura per la Akpan, con le ipotesi di reato di omicidio e soppressione di cadavere.

A questo punto servirebbe mandare qualcuno in Nigeria. Ma a maggio del 2014 tutto si blocca di nuovo per il parere negativo sulla "spedizione" in Africa arrivato dall’ambasciata italiana ad Abusha in Nigeria. "In sei anni di indagini della Procura di Lodi sono state raccolte solo 70 pagine di documentazione – fa notare Francesca, una dei sei figli di Giuseppe Piscopo – solo da questo si capisce che non è stato fatto quasi nulla per ritrovare mio padre. La Akpan avrebbe potuto dare delle spiegazioni importanti su quello che è successo a mio padre. Ci sono intercettazioni chiare tra la donna e un suo connazionale residente a Roma. Mia madre è costretta a vivere con 290 euro al mese della pensione di invalidità. Inoltre, la Procura ha dovuto bloccare il conto corrente intestato a mio padre dove ci sono 10 mila euro. Per legge bisogna aspettare dieci anni dalla scomparsa per presentare la dichiarazione di morte presunta e avere accesso ai soldi. Nel frattempo la situazione non è più sostenibile. Sto pensando di organizzare una fiaccolata in onore di mio padre a Sant’Angelo. Non voglio che questa vicenda vada a finire nel dimenticatoio".

di CARLO D'ELIA