Frecciarossa deragliato, "C’è di più: è il sistema che non ha funzionato"

Il punto di vista di un macchinista: "Sbagliato buttare la croce sui manutentori. E un deviatoio rotto avrebbe dovuto far scattare l’allarme"

 Matteo Sibra è stato per anni macchinista sulle linee regionali della Lombardia

Matteo Sibra è stato per anni macchinista sulle linee regionali della Lombardia

Milano, 14 febbraio 2020 - «Sui treni regionali il sistema di sicurezza interveniva subito nel caso di anomalie, sulle linee del Frecciarossa gli standard sono ancora più elevati perché i treni viaggiano ad altissime velocità. Non riesco a spiegarmi quello che è successo". Matteo Sibra ha lavorato per anni come macchinista sui treni regionali in Lombardia, prima di dedicarsi a tempo pieno all’attività sindacale con la Filt-Cgil. Sta seguendo con attenzione gli sviluppi delle indagini, sviluppi dai quali è emerso un problema nel deviatoio ad azionamento oleodinamico, lo scambio numero 5 “incriminato” per aver fatto deragliare il convoglio. Un componente caratterizzato da una serie di bracci espandibili, gli attuatori, il cui moto è regolato dalla variazione di pressione di una sostanza oleosa. "Fin dal primo momento - spiega - sono stato convinto che l’errore umano non basta per spiegare quello che è successo".

Perché? "L’errore umano può sempre capitare, ma i sistemi di sicurezza sono tali da riuscire a intervenire e limitare al massimo i danni. Se fosse sufficiente lo sbaglio di un manutentore per far deragliare un treno allora gli incidenti ferroviari non sarebbero così rari. Sembra invece che ci sia un mix di fattori diversi, anche se è veramente presto per azzardare ipotesi. Si è preferito, però, buttare la croce addosso a chi si è occupato della manutenzione".

Come funziona un deviatoio? "Il deviatoio in parole povere è il sistema che permette a un convoglio di spostarsi da un binario all’altro, di curvare. Quelli dell’alta velocità sono i più sofisticati in circolazione, in stazioni come Milano Centrale o Garibaldi ce ne sono decine. In ogni caso in presenza di uno scambio il treno deve ridurre la velocità, a 30 o 60 chilometri orari. Il treno deragliato a Livraga viaggiava a 292 chilometri orari, è evidente che qualcosa nel sistema non ha funzionato. Uno scambio può essere difettoso ma non basta per provocare un disastro simile, perché il sistema di sicurezza non è scattato e il treno ha potuto correre alla massima velocità".

La Procura e l’Ansf hanno fatto bene, secondo lei, a diramare l’alert di sicurezza su componenti che vengono venduti in tutta Europa? "Ritengo doveroso attuare le massime precauzioni, come succede quando il produttore di auto si accorge di un difetto e richiama i modelli. Ancora non sappiamo se il difetto riguarda un singolo pezzo oppure tutti i componenti prodotti. Se la seconda ipotesi si dovesse rivelare corretta allora lo scenario sarebbe più preoccupante".

Secondo la sua esperienza di macchinista le ferrovie sono sicure? "Quello che è successo pone tante domande, anche se bisogna evitare inutili allarmismi. Gli incidenti ferroviari fanno più scalpore perché il treno è considerato, a ragione, il mezzo di trasporto più sicuro. Ricordo la strage di Viareggio, gli incidenti di Crevalcore, Piacenza e Pioltello, solo per citare quelli più vicini. Ognuno è stato provocato da cause diverse, e ognuno ha poi portato a un miglioramento degli standard di sicurezza. L’incidente di Livraga è quello, allo stato, meno spiegabile".

Le sono mai capitati incidenti, nella sua esperienza? "Nel 2014 il treno che guidavo ha investito due motociclisti che, nonostante le sbarre abbassate, stavano attraversando i binari a Bozzolo, nel Mantovano. Loro sono morti. A me, che all’epoca avevo 25 anni, è rimasto il senso di colpa, nonostante sia consapevole di aver fatto tutto il possibile per salvarli".