Coronavirus, Antonio in campo con il paziente 1: "Ecco la verità"

Antonio Aiello, punta della squadra di calcio Picchio pub di Somaglia, racconta la spaventosa esperienza di questi giorni

Antonio Aiello, compagno di squadra del "paziente 1"

Antonio Aiello, compagno di squadra del "paziente 1"

Somaglia (Lodi), 23 febbraio 2020 - «Stiamo tutti bene: gli accertamenti sono negativi, aspettiamo il nostro compagno per giocare e divertirci ancora insieme». Antonio Aiello (foto), punta della squadra di calcio Picchio pub di Somaglia, racconta la spaventosa esperienza di questi giorni. Nella sua squadra gioca Il 38enne di Codogno, primo colpito dal virus in Italia. Sabato era stato a stretto contatto con il ricercatore della Unilever in terapia intensiva, ieri trasferito al policlinico di Pavia.

Siete amici?

«Gioca a calcio a Somaglia da gennaio, prima eravamo insieme a Castiglione. Lo amano tutti. Mi spiace tanto per ciò che sta vivendo e spero si riprenda presto. Eravamo insieme anche sabato, dopo la partita con la cremasca Amatori Sabbioni Csi».

Uno stretto contatto che ha fatto scattare il protocollo.

«Sì, abbiamo fatto la doccia con tutti i giocatori e bevuto un aperitivo insieme, quindi ho chiesto aiuto al 112 ed poi è partito tutto».

Ci racconta?

«Chi ha febbre deve essere portato in ospedale in ambulanza e io sono stato accompagnato al Maggiore di Lodi perché ce l’ho. Anche altri quattro sono stati ricoverati per esami: tampone, tre test del sangue e un esame doloroso con prelievo nel polso (emogas). Sono venuti a prenderci a casa in ambulanza venerdì alle 7, con uomini bardati con mascherine tipo scena del crimine e ci hanno portati uno a Cremona, uno a Pavia e in tre a Lodi. Gli altri senza febbre faranno il tampone a casa. Di tamponi però ce ne sono pochi e i tempi si allungano: è assurdo. Per fortuna io e altri abbiamo da poco saputo di essere negativi».

Quanto è durato il ricovero?

«Sono tornato a mezzanotte. Siamo stati messi nel corridoio con la mascherina. Misuri la febbre, fai i test e poi aspetti i più gravi. Sono entrato alle 7 e c’erano 8 ambulanze in fila. Ho fatto lastre, ma non ho la polmonite. Ci hanno fatto descrivere tutti i contatti. Dobbiamo controllare la temperatura e la tosse. E poi a casa 14 giorni».

La gente vi sta ghettizzando?

«Sui social c’è di tutto: siamo furibondi».