Coronavirus a Codogno: "L’ospedale ha fatto più del suo dovere"

Inchiesta sulle cure al paziente 1, l’Asst: " Il tampone? Eseguito anche senza che fosse a rischio secondo le regole del Ministero"

mascherina contro il coronavirus

mascherina contro il coronavirus

Lodi, 27 febbraio 2020 -  «Per i protocolli del ministero il Caso 1 non poteva essere classificato come sospetto o probabile. Solo l’intuizione del rianimatore, che ha comunque eseguito il tampone attivando subito l’ospedale di Codogno, ha consentito un primo iniziale contenimento dell’infezione". A difendere l’operato dei medici dell’ospedale della Bassa, finito al centro dell’inchiesta della Procura di Lodi, partita anche per le dichiarazioni del premier Giuseppe Conte, è il direttore generale dell’Asst di Lodi Massimo Lombardo che con un lungo comunicato ripercorre tutta la vicenda che ha portato alla diagnosi del primo caso di coronavirus contratto direttamente in Italia. Per capire l’emergenza Covid-19 bisogna partire dalla gestione del paziente uno, il 38enne residente a Codogno. In tanti si sono chiesti perché quell’uomo sia stato dimesso prima di essere sottoposto a tampone e il perché del suo mancato isolamento.

Il direttore generale dell’Asst di Lodi spiega che le indicazioni del ministero della Salute non lo prevedevano. Secondo la Circolare ministeriale del 27 gennaio 2020, il paziente 1, non rientrava tra i casi sospetti quindi una persona "con malattia respiratoria acuta" e che avesse anche avuto un "contatto stretto con un caso probabile o confermato da Covid-19" o "visitato un mercato di animali vivi a Wuhan". "Si deve qui puntualizzare che il paziente si è presentato al pronto soccorso di Codogno una prima volta il giorno 18 febbraio senza mostrare alcun criterio che avrebbe potuto indentificarlo come sospetto o probabile caso di infezione da coronavirus, secondo le indicazioni della Circolare Ministeriale del 27 gennaio 2020: durante l’accesso è stato sottoposto agli accertamenti necessari e a terapia; tuttavia decideva di tornare a casa nonostante la proposta prudenziale di ricovero. Nella notte tra i giorni 18 e 19 febbraio si ripresenta al pronto soccorso dello stesso ospedale per un peggioramento dei sintomi: viene quindi ricoverato nel reparto di medicina dove il peggioramento delle condizioni cliniche ha determinato l’intervento del rianimatore la mattina del 20 febbraio e il contestuale ricovero in rianimazione".

Solo in un secondo momento, di fronte all’insistenza dei medici, la moglie ha ricordato quella cena tra il marito e un amico tornato dalla Cina (peraltro risultato negativo al test). E il rianimatore, non rispettando di fatto le regole ministeriali, ha sottoposto al tampone il 38enne poi risultato positivo. "Una volta confermato l’esito positivo dell’esame abbiamo esteso le misure di prevenzione all’intero ospedale e attivato l’Unità di Crisi presso l’Ospedale di Lodi – conclude Lombardo –. Naturalmente siamo a disposizione di tutte le autorità competenti che vogliano verificare la correttezza del nostro operato".