Lodi, la ciclabile “motel” dei clochard

Decine di nordafricani accampati lungo il ponte sull’Adda

Accampamenti di immigrati sotto la tangenziale

Accampamenti di immigrati sotto la tangenziale

Lodi, 9 agosto 2018 - Una sorta  di villaggio turistico fluviale per senzatetto, una ciclabile-motel a poche centinaia di metri dal cuore della città, sotto la tangenziale. Alcune decine di persone, in gran parte nordafricane, sono accampate lungo la balconata ciclabile del ponte extraurbano, affacciato sull’Adda. Solo un mese fa lì era scoppiata una rissa, poi sedata dalle forze dell’ordine. Quando il ponte Anas venne inaugurato insieme ai 6 km della tangenziale est, nel 2001 per un costo di 40 milioni di lire (20 milioni di euro), vennero decantate le corsie ciclopedonali realizzate sotto la sede stradale che avrebbero permesso ai lodigiani di attraversare il fiume, collegando le zone golenali dell’Isolabella e del Revellino. Negli anni però i tralicci del ponte e le balconate ciclabili, fin troppo nascoste da ogni visuale, sono diventate per lo più ambito sfogo dei writers e dei vandali, quindi luogo per qualche falò, fino a divenire dormitorio occasionale per qualche sentatetto. Ma, se, fino al 2015, si trattava di casi estemporanei, di stranieri come di italiani, ora la situazione è degenerata.

Gli ultimi avamposti di civiltà sono il parcheggio dell’ospedale e l’attracco della motonave, alla fine del LungoAdda Bonaparte. Da lì prende avvio quella che una volta era una ciclabile sterrata lungo l’Adda, a fianco dell’area verde e del campo da rugby, ma che oggi, per la mancata manutenzione, è divenuto un viottolo celato dalle fronde. Si arriva, infine, alle due rampe di accesso a chiocciola delle due corsie ciclabili, entrambe avvolte da selva incolta. Salendo su entrambe, come fossero due condomini separati, ci si trova di fronte al doppio accampamento di coloro che appaiono dei profughi, senz’altro dei senzatetto. Coperte e indumenti stesi al sole sul parapetto in cemento, tende, materassi e ripari di fortuna, fuochi accesi per cucinare, pentole, bidoni dell’acqua, catini-lavabo, spazi delimitati quasi ciascuno avesse ricavato la propria stanza.

C’è chi parla e canta, almeno finché non veniamo notati. Il messaggio che ci viene rivolto è chiaro: andate via. Via dalla ciclabile divenuta motel di fortuna. Sotto il ponte c’è ancora la terra di nessuno: alcuni tratti più inaccessibili vengono usati come pattumiera collettiva. Ma ovunque si trovano resti di bivacchi, di biciclette, una simbolica valigia vuota. Lo stesso sull’altra sponda: il tragitto per arrivare dal centro è più lungo, bisogna attraversare il ponte napoleonico e poi girare intorno, ironia della sorte, all’esclusivo centro della Canottieri Adda e percorrere la strada sterrata del Revellino. Per riuscire a raggiungere le due rampe a chiocciola ciclabili il tragitto è ancora più impervio, la boscaglia si fa più fitta, le rampe sono invase da rami ma il risultato è lo stesso: ci si trova all’altro capo del campo, occupato dagli abusivi. Non si passa. Sopra auto e camion sfrecciano in velocità, sotto il fiume scorre placido.