Caso mense a Lodi, all’orizzonte una class action

Un'iniziativa degli extracomunitari per rivalersi delle spese sostenute a caccia dei documenti

Abdelrahman El Said portavoce dell’associazione degli islamici

Abdelrahman El Said portavoce dell’associazione degli islamici

Lodi, 27 dicembre 2018 - Hanno speso migliaia di euro e ora potrebbero presentare il conto al Comune. Sono diverse, infatti, le famiglie di extracomunitari che stanno pensando a una class action (un’azione legale collettiva) per chiedere all’amministrazione comunale di centrodestra di rimborsare i soldi spesi per reperire gli atti richiesti.

Sul “caso mense” ora potrebbe aprirsi un nuovo scenario. Dopo la condanna del tribunale di Milano che ha dichiarato «discriminatorio» l’atto comunale, la modifica del Regolamento per l’accesso alla prestazioni agevolate in Consiglio del 20 dicembre e la decisione della Giunta leghista di ricorrere in appello, le famiglie coinvolte nel provvedimento illegale e bocciato dal giudice Nicola Di Plotti potrebbero chiedere i danni. Ad agosto erano state decine le famiglie che erano partite alla ricerca dei documenti. È il caso di Omar, egiziano di 34 anni, che lavora in Italia da 18 anni, che aveva speso oltre mille euro per andare al Cairo per cercare i documenti richiesti dalla Giunta Casanova. Si era rivolto al catasto, ma non aveva ricevuto risposte, poi aveva fatto il giro di tutti gli istituti bancari per dimostrare al Broletto di non avere conti correnti aperti in Egitto. Al suo ritorno però gli uffici dei servizi sociali di Lodi avevano respinto la sua domanda per richiedere l’esenzione dei servizi di mensa e scuolabus per i suoi due figli che frequentano le elementari in città. Come Omar però sono tante le famiglie di extracomunitari che da Lodi erano tornate nei Paesi d’origine per reperire la documentazione aggiuntiva richiesta dal nuovo regolamento per l’accesso alla prestazioni agevolate che l’amministrazione comunale di centrodestra aveva approvato.

«Le famiglie stanno facendo delle valutazioni – spiega Abdelrahman El Said, portavoce dell’associazione islamica Al Rahma che a settembre aveva organizzato la prima protesta contro il Regolamento –. Le spese sostenute per cercare di reperire documenti impossibili sono state alte. Per fortuna non tutti hanno deciso di intraprendere un viaggio del genere per cercare atti che in tanti Paesi fuori dall’Unione Europea ovviamente non esistono. Di sicuro avremmo preferito che la vicenda si fosse chiusa in primo grado. Con il ricorso in appello si allungheranno i tempi per una decisione che il tribunale di Milano ha già dichiarato del tutto discriminante».

C.D.