Lodi, sos bulli a scuola: "Aiutiamo anche loro"

Il provveditore sui casi alle scuole medie: recupero educativo per gli autori delle prevaricazioni

Il ministro Marco Bussetti e il dirigente dell’Ufficio scolastico Yuri Coppi

Il ministro Marco Bussetti e il dirigente dell’Ufficio scolastico Yuri Coppi

Lodi, 16 maggio 2019 - Due casi di cyberbullismo tra adolescenti e due aggressioni di madri nei confronti di docenti, accaduti nel Lodigiano nell’arco di due mesi e finiti alla ribalta nazionale, tanto da far arrivare il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti. «Solo una concomitanza un po’ sfortunata – commenta il dirigente dell’Ust di Lodi, Yuri Coppi –. Non penso che la situazione sia diversa nel resto d’Italia».

Provveditore, partiamo dal caso del 15 marzo a Lodi: a causa di foto intime diffuse via whatsapp in una scuola media, una 14enne ha minacciato il suicidio, altri due sono accusati di pedopornografia; uno, suo compagno di classe, anche di estorsione. Che provvedimenti ha preso la scuola nei confronti di quest’ultimo? «Se la ragazza, rientrata a scuola e seguita da psicologi, ora sta meglio, è il ragazzo adesso il più fragile, che rischia di rompersi. Per cui, anche se il fatto è grave e la giustizia farà il suo corso, la scuola sta evitando un atteggiamento troppo persecutorio e sta lavorando sul recupero educativo, perché malgrado tutto abbia una possibilità. Va tutelato anche lui».

E il caso analogo a San Colombano? «La vicenda non è emersa all’interno della scuola anche se potrebbe coinvolgere alcuni studenti».

Episodi di cyberbullismo, sempre alle medie: perché? «Il bullismo è sempre esistito ma restava racchiuso in un edificio. Ora, con la tecnologia, diventa incontrollabile. Ed è così diffuso che è impossibile da arginare. È molto pericoloso, è facile che si verifichino altri casi. Ragazzi piccoli, immaturi, dispongono di tecnologie che non sono preparati a gestire. Anche le famiglie affrontano una situazione nuova. È bene che emerga subito la consapevolezza della responsabilità penale. Le scuole ci stanno lavorando, c’è attenzione mediatica. A Lodi come a Milano, l’Ufficio scolastico ha sottoscritto un protocollo con le forze dell’ordine contro la droga, ora esteso anche al cyberbullismo. Non è più una questione estemporanea ma strutturale, serve un lavoro continuo, il rischio è costante».

E le docenti aggredite a Lodi e a Tavazzano? «La scuola ha bisogno di recuperare autorevolezza, creando un filtro che impedisca questo tipo di reazioni: un timore reverenziale oggi non avrebbe senso, ci vorrebbe fiducia. Il genitore invece ha un’ottica un po’ distorta per cui si sente in diritto di difendere i figli, come su un ring: un agire irresponsabile. Il Ministero valuterà se è possibile la costituzione di parte civile per aggressione a pubblico ufficiale. Le persone dovrebbero capire che, rispetto alle proprie vite, la scuola può essere una forma di riscatto sociale per i propri figli, non un parcheggio».

Perché l’episodio di Tavazzano non è emerso subito? «Il fatto che la notizia esca è un buon segno: fa capire come ci si deve rapportare con l’istituzione scolastica. In questo caso la docente ha comunque sporto denuncia e poi se n’è discusso a livello di consigli di classe, interclasse e istituto, ma la vicenda è stata tenuta più riservata per non far sentire gli undicenni responsabili dell’accaduto».