Lodi, artigianato fermo: "Servono scelte coraggiose"

Il bilancio del 2019 di Mauro Sangalli: "Saldo tra imprese nate e morte in pareggio. Edilizia e manifatturiero in calo, reggono i servizi"

Mauro Sangalli, segretario dell’Unione Artigiani e Imprese

Mauro Sangalli, segretario dell’Unione Artigiani e Imprese

Lodi, 3 gennaio 2020 - Un territorio che fonda ancora buona parte della propria economia sull’artigianato e che, per crescere davvero, dovrebbe aprirsi alle opportunità che provengono dalle medie e grandi imprese e iniziare a ragionare sulla direzione da prendere senza campanilismi. Questa è l’idea di sviluppo per il Lodigiano di Mauro Sangalli, segretario da vent’anni dell’Unione Artigiani e Imprese di Lodi, di cui è socio da trenta, ed è uno scenario di cui si augura di vedere la concretizzazione molto presto.

Sangalli, quale bilancio per l’artigianato nel 2019? "Si è trattato di un anno di stasi, in linea con quanto è avvenuto in questi anni nel Lodigiano, ma anche in tutta la Lombardia, eccetto Milano, che continua a crescere da Expo 2015, anche a causa di eventi macroeconomici, come la comparsa di dazi, che ha svantaggiato le imprese lodigiane che esportano, e il rallentamento dell’economia tedesca, che traina quella lombarda. Ora il saldo tra imprese nate e morte è quasi pari, anche se dall’inizio della crisi abbiamo perso circa 1.200 imprese. Continua a essere in calo il settore edilizio, che rappresenta il 50% degli artigiani, molti appartamenti restano invenduti (fanno eccezione quelli con classe energetica A oppure derivati da fallimenti), e il manifatturiero, che invece è il 15% delle imprese artigiane totali, regge solo quando esporta, e, infine, l’artigianato rappresentato dai servizi si è difeso bene. Però, se nel 2018 sembrava possibile una ripresa, ora siamo in una fase di stallo".

Cosa ha generato questa situazione? "Il procastinare scelte importanti sulla direzione da dare all’economia del territorio. Non nego l’importante ruolo rivestito dalle piccole e medie imprese locali, ma credo che sia necessario attrarre nuovi investitori per creare nuovi posti di lavoro e offrire quindi nuovi impieghi e più stabilità, due condizioni necessarie per dare alla nostra economia sviluppo e quindi crescita. Purtroppo, abbiamo perso delle opportunità importanti in passato, dalla Polenghi Lombardo e dalla Snam fino alla cartiera e al deposito Ikea, due realtà che avevano espresso interesse a stabilirsi nel Lodigiano ma di cui poi non si è saputo nulla".

E come crede sia possibile porre le basi per la ripresa dell’economia lodigiana? Sarà possibile iniziare nel 2020? « Personalmente credo che quest’anno inizieranno a passare gli ultimi treni per il nostro territorio: inizierà la discussione per il Piano di Governo, banco di prova decisivo per il suo futuro, ed è giunto il momento che il Lodigiano esca dalla nebbia che lo circonda. Penso che un’ottima occasione sia rappresentata dalle infrastrutture: oltre all’A1, abbiamo la Teem, collegamento che non abbiamo ancora sfruttato e che coinvolgerebbe il Nord Lodigiano, un’area della provincia poco valorizzata. Sarà importante sicuramente non cedere ai campanilismi e investire su tutto il territorio. Anche l’Università è una novità importante che ci permette di rimanere agganciati a Milano".

Quale futuro per l’artigianato in questo contesto? "L’artigianato è un settore che coniuga tradizione e innovazione, riuscendo così a rappresentare sempre una sezione significativa dell’economia e dei servizi essenziali per i cittadini, e si è evoluto in questi anni aprendosi alla digitalizzazione: nelle officine meccaniche, per esempio, stanno prendendo piede le stampe 3D. Ma non solo: a volte vecchi mestieri che sembravano scomparsi, come il calzolaio oppure il riparatore di biciclette, riappaiono per l’insorgenza di nuove mode".